LUCIANNA ARGENTINO, Le stanze inquiete – Poesie, Milano, La Vita Felice, 2016, pp.104
Lucianna Argentino, amorosamente attenta alla realtà che la circonda, capace di scendere dagli occhi all’anima delle persone, affida a queste pagine undici anni della sua vita vissuti alla cassa di un supermercato. Professione generalmente considerata ripetitiva e monotona, ma postazione privilegiata per chi, come lei, non si stanca mai di andare oltre l’apparenza, la ripetitività dei gesti, l’aridità dei numeri, di “dire no all’indifferenza”. Con linguaggio fluido ed elegante, mai dimentica della sua condizione di “essere precario”, ci propone una vivida collezione di fotografie umane. Il suo sguardo mette a nudo ogni persona che le si presenta davanti “un essere umano con la sua storia invisibile, una persona cui dovevo rispetto […] così che quei pochi istanti che eravamo in relazione si aprissero a un tempo altro”. Le stanze inquiete del titolo altro non sono che gli spazi concessi dall’altro, in cui per qualche momento si può entrare, rimanendo talvolta travolti dalle loro vere esistenze “ognuno con la sua muta preghiera / o la sua muta bestemmia / che poi è lo stesso se crediamo / ci sia un dio ad ascoltare”. (am)
La realtà è la stessa bisogna vedere poi
con che filtro ognuno la interpreta,
dice la donna all’uomo
che attento ascolta mentre lentamente
svuota il carrello sistemando in esasperante ordine
la merce sulla cassa. Anche il dolore è interpretazione,
penso, oppure no, può ristagnarci dentro,
non fiorire mai, mai farsi bellezza.
Posa della prima pietra su cui nulla mai
verrà edificato. E la donna sta, ferma,
ascoltando l’eco delle sue parole spegnersi
tra gli spigoli del silenzio di lui.
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