Lucia Bruni, Le pianelle di Masaccio, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2017

In un piccolo paese vicino Firenze, nel 1899,  scompare all’improvviso una giovane: Tosca. Si fanno tante ipotesi per dare una spiegazione al mistero. Sarà la giovanissima Esterrina, attenta osservatrice e sagace ‘investigatrice’, a trovare la soluzione.

Si legge un giallo e si imparano tante altre cose. Ci sono almeno tre livelli di lettura:

  1. Il giallo, che prende sempre più campo, con abile crescendo e inaspettata soluzione.
  2. La rappresentazione popolare dell’ambiente, con personaggi descritti vivacemente, in modo verosimile; è la parte novellistica, erede della tradizione toscana e dell’Italia delle regioni, con l’uso linguistico molto efficace, anche con l’uso del vernacolo fiorentino: è una parte molto teatrale.
  3. La narrazione e rappresentazione degli aspetti storico culturali: storia, geografia, toponomastica del territorio fiorentino, agricoltura, artigianato, arte, in particolare il Quattrocento, e Masaccio.

Lucia Bruni dimostra di avere una grande maestria nella scrittura, costruendo il filo dell’invenzione principale, intrecciando gli altri elementi che arricchiscono il racconto, curando la descrizione dei personaggi, riproducendo la realtà storica. Una profonda conoscenza dell’uso della lingua a livello popolare. E, specialmente nella parte del territorio e della cultura di questo territorio, sia la città che il contado di più di un secolo fa,  si sente anche una certa empatia dell’autrice, quasi amore, per le persone e le cose, e un po’ di nostalgia.