Questo il TEMA di MAGGIO:

la poesia preferisce carta e matita oppure un file di word?

Inviate i vostri pareri a uno degli indirizzi e-mail indicati in CONTATTI e verranno pubblicati in questo spazio che è dedicato al DIALOGO sulla POESIA.

 

Aggiungiamo quanto scrive la giornalista Concita De Gregorio su Repubblica del 23 maggio 2017, che tocca proprio questo argomento, anche se relativamente allo scrivere in generale:

 

La lettera di Livia Langella, che insegna da tutta la vita in una scuola in provincia di Napoli, ha il sapore e la musica di un giorno d’altri tempi. Eppure il tempo di Livia è anche il nostro, e non mi sembra solo nostalgia di un passato perduto (spesso migliore del presente, nei ricordi) la sua raccomandazione a non perdere mai di vista l’origine delle cose. Non dimenticare da dove vengono, cosa sono.

In questo caso la scrittura. Sottoscrivo parola per parola le sue osservazioni sull’importanza dello scrivere a mano, ne parlavo tempo fa con un pedagogista, Daniele Novara. Non sono solo opinioni, esistono studi scientifici che certificano come l’abitudine di prendere appunti, di trascrivere con penna su carta i passaggi più importanti di quello che leggiamo o ascoltiamo attivi zone del nostro cervello che la scrittura su tastiera non attiva. Accende la memoria, è un’esperienza del corpo.

Insomma: non è che sia più bello, è semplicemente più utile. Più importante per la comprensione. Una volta Dacia Maraini mi ha parlato a lungo del tempo della scrittura e di quello del pensiero. E’ anche una questione di tempo: la mano sul foglio rallenta, costringe a trattenere a mente il pensiero fino a che non lo si sia scritto. Lascio la parola a Livia, e vi invito a prendere un appunto – sempre – prima di mandare la vostra opinione via social o via mail. Cambia, vedrete.

“Insegno inglese in una scuola secondaria in provincia di Napoli, la bella zona Flegrea di Bacoli, da più di trent’anni e conosco bene gli occhi dei ragazzini di prima media che aspettano meraviglie e segreti da te. Ancora mi commuovono. Proprio pochi giorni fa ho letto con loro un articolo del Venerdì di Repubblica sull’importanza della scrittura in corsivo per lo sviluppo delle connessioni cerebrali e l’aumento dei neuroni”.

“L’associazione Smed (scrittura a mano nell’era digitale) propugna l’importanza del continuare  a mantenere questa abilità manuale, utile a conservare anche la buona abitudine di prendere appunti a mano che stimola la concentrazione e l’attenzione. Le università di Bologna e di Venezia terranno corsi di calligrafia e addirittura Steve Jobs all’università frequentava un corso per la scrittura a mano! In piena rivoluzione digitale non dimentichiamo di tramandare ai nostri ragazzi la bellezza ma anche l’utilità del continuare a fare anche cose con le nostre semplici, nude, sicure mani che chiedono di essere usate in modo creativo e… risparmiano energia!”.

“Ricordi: quaderno nuovo a righe, penna col pennino nuovo di zecca, calamaio pieno di inchiostro blu o nero, il banco di legno inclinato con l’incavo per l’appoggio della penna, il sediolino attaccato al banco. Il dettato ha inizio! Batticuore. Non far cadere l’inchiostro sul foglio prima ancora di iniziare a scrivere. La direttrice detta scandendo bene le parole, la mano scorre sicura sulla carta inanellando belle lettere tonde ed allacciate. Il pennino graffia leggermente, il suo fruscìo sulla carta. Non premere troppo, la punta si apre. Ultimo gesto: la carta assorbente. Tienila ferma e sollevala d’un colpo. Tanti piccoli puntini blu o neri. Soffia sul dettato, ora è pronto. Si può chiudere il quaderno e consegnarlo. Ancora sento l’odore della carta e dell’inchiostro”.