Franco Manescalchi ha pubblicato L’iris azzurra. Nella luce degli anni. Vita in versi (quaderni inediti) 1974-2016, Edizioni di Pianeta Poesia, Firenze 2017

 

 

Nella luce del tempo

 

Cresce in Toscana l’iris florentina

comunemente chiamata giaggiolo

che già nel sole di prima mattina

ha la corolla accesa di viola.

 

Ma se una nube quella luce incrina

in un momento, in un momento solo

l’iris muta colore in azzurrino

e ancora varia, come in un crogiolo.

 

E’ dagli Etruschi che muta colore.

E forse questo riguarda noi pure

esattamente come avviene al fiore:

 

nella luce degli anni creature

iridiscenti, per virtù d’amore,

finché lo stelo e la corolla dura.

 

 

Dalla postfazione di Giuseppe Baldassarre

Nella luce degli anni ne è conferma ulteriore. E la peculiarità di questa nuova opera è di permetterci di entrare nel quotidiano e nel laboratorio del poeta. Al discorso pubblico delle raccolte precedenti si aggiunge il lato più intimistico, quello legato agli avvenimenti e agli affetti di tutte le vicende e degli eventi del quotidiano. Un filo rosso che percorre tutta la vita del protagonista, focalizzando sentimenti ed emozioni e riflessioni, ‘nella luce degli anni’, appunto. Le figure care costituiscono un album personalissimo, a cui la parola poetica fa da didascalia, aggiungendo sfumature e significati, sempre più chiari con la distanza del tempo. Mary, Laura, Chiara, moglie e figlie, e Bruna e Guido, i genitori, sono le figure che più si stagliano. Accanto a queste stanno tante altre: la Kore ispiratrice di un tempo passato, i nomi di alunni, amici, di gatti entrati nella famiglia e di animaletti vari, di luoghi cari. Immediatezza del tempo e rielaborazione nel tempo è ciò che più risalta alla lettura: immediatezza e profondità, colore e bidimensionalità (emozione e riflessione).   La parola poetica è plastica e musicale, delinea ed evoca, sempre in modo efficace e profondo.     ( …….. )     Molti sono i momenti nel libro in cui chiarissima emerge la consapevolezza autoriale di Manescalchi, in dialogo con la tradizione poetica, italiana e non solo. La più scoperta è il poemetto iniziale Alla Kore, costituito da 18 parti di 6 sestine di endecasillabi, in cui l’emulazione con il modello gozzaniano diventa quasi un percorso di iniziazione del poeta che porta alla definizione di un sentire e di una voce individuale, in una storia ormai nuova, sostanziata da quella del secondo Novecento e dalla propria vicenda personale.              (………. )   Nella luce degli anni è il completamento del Canzoniere di Manescalchi: è un libro prezioso che permette di intravvedere all’interno delle stanze dell’animo ed entrare nel laboratorio del poeta, in un percorso che si sviluppa lungo tutta la sua formazione ed esistenza: perché anche noi, come il giaggiolo, siamo nella luce degli anni creature / iridiscenti, per virtù d’amore, / finché lo stelo e la corolla dura.

 

Un commento di Annalisa Macchia

Il “pane quotidiano” di Franco Manescalchi

« A Annalisa dedico questi versi nati dal pane quotidiano ». Una dedica da vero poeta, penso sorridendo. In verità è limitante definire questo Autore, legato a doppio filo alla sua Firenze, solo “poeta”. L’inesauribile e variegata attività critica e culturale per la diffusione della poesia e l’etica profonda che ha sempre caratterizzato ogni suo lavoro delineano una personalità colta e complessa, felicemente versatile e profondamente umana. Inevitabilmente amato dalla sua città, non meno di quanto egli la ami, poiché in questa terra, più che altrove, la lingua italiana, a lui tanto cara, si è andata letterariamente formando. A ulteriore conferma di questo ricambiato affetto, la Biblioteca Marucelliana di Firenze ha recentemente accolto il Fondo Franco Manescalchi, che raccoglie il copioso e prezioso frutto di tanti anni di lavoro dell’Autore. Franco Manescalchi si profila attento testimone e interprete della cultura non solo cittadina, ma di tutto questo nostro tempo, a cavallo tra il Novecento e i primi anni del nuovo millennio, spesso così letterariamente confuso. Mai confusi o contorti sono invece i suoi versi, sempre fedeli alla sua idea di poesia, che unisce la tradizione letteraria all’attualità, mai disgiunta da riflessioni politiche e civili.

Mite e riservato nel privato quanto incisivo e perfino rivoluzionario nella scrittura per certe sue scelte controcorrente, seppure manifestate con estrema dolcezza di forma, ha dedicato tutta la vita all’arte, ad una letteratura che spesso sconfina allegramente nella musica (canti e tradizioni popolari soprattutto) e nella pittura. Delicati acquerelli, ritratti e disegni di ogni genere, come si può notare anche tra le pagine di questo volume, arricchiscono e completano le sue opere. L’Iris azzurra, quell’iris florentina che « È dagli Etruschi che muta colore. / E forse questo riguarda noi pure / esattamente come avviene al fiore: // nella luce degli anni creature / iridescenti, per virtù d’amore, / finché lo stelo e la corolla dura.», in cui sono confluite numerose opere inedite e disegni accantonati nel tempo, coglie con autenticità la sua visione interiore ripercorsa nella luce degli anni. I versi di questa raccolta delicatamente intimistica si concentrano sul “pane quotidiano” ripescato tra i tanti ricordi di una vita vissuta come un dono.

Il libro, suddiviso in sezioni in cui riaffiorano le varie stagioni della sua vita, parte dall’adolescenza del poeta, dove, sullo sfondo, campeggiano le figure di Bruna e Guido, genitori e struggenti simboli di passaggio tra due epoche. La maturità è invece accompagnata dalla nuova famiglia, con le sue tre Muse ispiratrici: la moglie Mary e le figlie Chiara e Laura. I ricordi legati alle figlie piccole si traducono sulle pagine a loro dedicate in raffinate filastrocche e ninnananne in cui – non inganni l’apparente semplicità del linguaggio – egli teneramente dispiega una rara abilità poetica. Se i momenti in cui l’animo del poeta maggiormente si svela sono quelli familiari, non mancano rievocazioni che, nell’arco del tempo trascorso, hanno ugualmente segnato quel prezioso vissuto: Dissolvenze in uno specchio di rame, lungo poemetto sulla sua adolescenza; Sull’aia e nei campi, gustosi flashes di vita popolare campagnola tra animali e paesaggi di un’epoca ormai sparita; Amors de terra londhana, poemetto in versi sciolti dedicato alle Muse (chimerico approdo come la Melisenda di Jaufré Rudel); L’ora del passo, un susseguirsi di sestine raffiguranti amici, “sprazzi” di luce verso la vita, in visita durante una triste degenza in ospedale.

I testi de L’iris azzurra, caratterizzati da musicale e virtuosa fluidità di scrittura in un continuo gioco con la tradizione poetica, rivivificano le nostre desuete ma sempre gloriose forme chiuse, innestandole con naturalezza e originalità in un contesto di modernità e ininterrotto dialogo con la Poesia, nella convinzione che la Poesia odierna può vivere e crescere solamente se mantiene salde le sue radici. Si coglie in questo dialogo un certo spirito caproniano, talvolta turoldiano per la sensibilità al rapporto poesia-religione, l’ombra luminosa di alcuni suoi «modelli di riferimento» come Saba, Ungaretti, Quasimodo, Luzi, Palazzeschi, Sinisgalli, Scotellaro e la memoria delle più recenti, fondanti amicizie con Oreste Macrì, Gino Gerola e Giuseppe Zagarrio. Questo linguaggio pieno di pathos conduce il lettore in uno spazio di condivisione al contempo sereno e pensoso, leggero e profondo, ironico e malinconico, colloquiale e ricco di richiami letterari, mai esibiti. La poesia di Franco Manescalchi si avvicina in punta di piedi al Mistero e, grata, si affida ad Esso, consapevole che i versi più autentici e universali si nutrono del “pane quotidiano”.

 

 

 

Una nota critica di Mariagrazia Carraroli.

Un fior di poeta

Non è un caso che la copertina del tuo libro dipinga l’Iris … Sei tu, Franco, quel fiore d’aria, d’acqua e luce : lui fiorisce e dice, come te, bellezza ed emozione, anche soltanto avendo a disposizione un piccolo sorso di vita.
Basta un profumo in una via, un’ombra alla finestra, un viottolo del parco, ed i tuoi pensieri s’accordano in parole e giocano alle rime.
Basta un sorriso di bimba per infilarli in collane/filastrocche e un lampo della memoria per comporre rosari familiari. Sono “ le semplici cose” che ti dettano farfalle e il silenzio della notte, così colmo di presenze e dei battiti del cuore, che ti apre i cancelli dell’Arte e dell’Assente.
Sono i sogni a incoronarti Kapitano, a darti ali d’Angelo guerriero che suggerisce voci per dire l’eterno che non muore, così come la riconoscenza per gli amici, cui dedichi affetto di ricordo e di poesia. E sono le radici a spalancarti il portone di casa, riportandolo, come l’albereta, al suo profumo di legno dentro i tuoi versi e i disegni di Laura ( brava Laura nel “ritrarre” con maestria anche la finestra sul fiume…) .
I battenti antichi odorano pure di sparagina e di un’infanzia tenuta per mano da Guido e Bruna, divenuti stella per mantenere la rotta e non perdere la forza dentro al pugno, mai dimenticando la carezza. E questa è nobiltà che emana dalla tua Iris, Franco, dritta nello stelo come spada, e tenera d’azzurro nel suo fiore.
Per questo, concludendo i miei brevi cenni di lettura emozionata, e riallacciandomi al detto iniziale ( Sei tu, Franco, quel fiore… ) , mi sento di dedicarti piccoli versi da me scritti nell’antico 1982 :
IREOS
Lungo i fossi/ tacendo pretensioni/ eppure così nobili// fecondi/ a ogni aprile/ sol d’acqua piovana.

Ringraziandoti del dono della tua poesia, ti confermo amicizia, stima sincera e riconoscenza che spesso timidezza e pudore trattengono nel silenzio del cuore.