Anna Maria Guidi, E-MARGINATI, Book Editore, 2017, pp. 96

L’AUTRICE

Anna Maria Guidi, fiorentina di nascita e residenza, dal 1998 ha pubblicato, a cura di illustri letterati, sei libri di poesia: Esercizi, 1998, Incontri, 2000, Tenacia d’ombra, 2002 per le edizioni Polistampa; Certezze, 2002, (Ibiskos); In transito, 2005 e Senz ‘alfabeto, 2013, ancora per Polistampa; e, nel 2010 il libro di saggistica La carità erotica nell’edonismo geoestetico di Sandro Penna: un approccio psicocritico (Bastogi) ricevendo premi assoluti in numerosi concorsi e consensi critici su riviste varie e antologie, dove compare anche la sua intensa produzione poetica e saggistica. Fattiva promotrice dell’interazione fra le discipline (è stata responsabile per 30 anni del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ateneo fiorentino) ha partecipato alla stesura di testi neuropsicofisiologici presentati a congressi, convegni e conferenze.

Ha collaborato con “Pianeta poesia”, presentando nel primo decennio del Duemila i programmi “Incontri con l’Autore” e “A due voci” al Caffè Let¬terario di Firenze “Le Giubbe Rosse”. Fa parte del Consiglio della “Camerata dei Poeti”, è socia onoraria del “Centro d’Arte Modigliani”, e presidente di giuria del Premio “Giorgio La Pira”. In rete è presente sul portale di “Novecento poesia” e di “Literary”.

 

Dalla Prefazione di Luigi Fontanella

Libro di dolore e di tormento, E-marginati è opera densa e riflessiva, potente e delicata, con una disposizione psicologica, da parte dell’Autrice, che è anche avventura estrema di sensi e di acute percezioni di fronte a una panoramica umana da lei vissuta ed esperita nel proprio viaggio terreno, distillandone la ‘Stimmung’ più profonda e primigenia, e sapendone sottolineare i valori più autentici, ma anche, all’occorrenza, constatandone lo sgretolamento e la perdita; la perdita, in ultima analisi, e forse irreparabile, della loro identità culturale. Ma, malgrado tutto questo, forse il libro – oltre che di denuncia impietosa – vuole anche essere un gesto d’affetto corale verso tante persone che hanno attraversato la vita (prima adolescenziale, poi matura) di Anna Maria, lasciando di sé un segno indelebile di umana fratellanza.

Si presentano  di seguito lettere e note critiche giunte all’autrice dopo la pubblicazione del volume.

 

Una nota critica di Annalisa Macchia

La precedente raccolta di poesie di Anna Maria Guidi, Senz’alfabeto, che ha ottenuto un’ottima ricezione critica, con la sua «poesia fatta di corpi e di movenze fisiche, di rimarchevoli innesti linguistici, di accettazione piena e ferma della realtà» (Giuseppe Panella), «un linguaggio di soglia, dove la forte carica semantica in­veste telluricamente la struttura lessicale […] per forgiarne in modo alchemico il senso più vero» (Franco Manescalchi), ci aveva già annunciato un importante pun­to di approdo nella sua poetica. In E-mar­ginati, tuttavia, l’intensità e l’originalità espressiva dell’animo indomito di questa autrice fiorentina, sempre capace di attra­versare la vita con consapevole coraggio e in perfetta sintonia con la sua crescita interiore, raggiungono un loro apice, confermando la vitalità e validità della sua ricerca. In questa raccolta la scrittura entra ancor più violentemente nel mondo della crisi del linguaggio poetico e, ben lontana dal compiacersi in certe trite e stereoti­pate scelte in cui la poesia oggi spesso si rifugia, prosegue l’azzardo della sua av­ventura linguistica, un’operazione estrema, difficile e raffinata. Senza mai per­dere di vista il significato della parola, si addentra in territori dove questa diventa preda, la conquista, la sottomette, finché, senza limiti e costrizioni, può finalmente delineare i suoi paesaggi interiori. Con tale procedimento Anna Maria Guidi ne riscopre la forza creativa e la potenza comunicativa, mettendole a servizio di quell’indicibile di cui la Poesia si sostan­zia. Prendono così vita parole fuse che danno origine a felici neologismi, come lo splendido “solitarietà”, termine in cui si condensa il doppio significato di soli­tudine e di emarginazione, o divise per dare risalto a una pluralità di significato, come «s-bolle», «o-lezzo», «(in)canti», o che giocano con ritmo e suoni come nella poesia dedicata al migrante, pescatore Arlindo, «con gli occhi agguata / e con le mani agguanta», sono felicemente dis­seminate per tutta la raccolta.

Forte di questo nuovo linguaggio, il libro ci offre una straordinaria galleria di ritratti umani, figure a lei care delle campagne fiorentine del Mugello e del Valdarno, luoghi della sua gioventù, ma anche del «tecnologico zoo», del «giardino di cemento» della «corrotta città» della sua età più matura, Firenze. Il titolo E-marginati (un solo trattino unisce e divide due, già da soli, evocativi e complessi concetti), giocando con il signifi­cato dei termini emarginato e margine, rende ancora più intuibile l’area da cui questi personaggi emarginati e marginali traggono ispirazione.

Dietro il verso tagliente e talvolta ironico che dipinge ogni raffigurazione, sempre tratteggiata con grande umanità e condivisione di pena, affiora una visione amara dell’esistenza, il dramma nascosto nella «sanguida schiena della vita», il de­grado in cui è caduta la società, quel «re­cinto di serpi», dove regna lo «scandalo dell’indifferenza».

«Libro di dolore e di tormento, E-marginati è opera densa e riflessiva, po­tente e delicata […] anche avventura estrema di sensi e di acute percezioni di fronte a una panoramica umana da lei vissuta ed esperita nel proprio viag­gio terreno», afferma felicemente Luigi Fontanella nella Prefazione, cogliendo il profondo dramma di perdita d’identità culturale che emerge da questo ritratto di varia umanità.

Eppure lo sguardo lucido dell’Autrice non cede alla tentazione della rassegnazione, non rinuncia a indagare, a cercare di capire, con struggente partecipazione, le ragioni segrete di questo «settico sugo dell’esistere», dell’«enigma / d’un Ermetico Eterno / Irreperibile»; in questo, il libro – ancora Fontanella – «vuole essere anche un gesto d’affetto corale verso tante persone che hanno attraversato la vita di Anna Maria, lasciando dietro di sé un segno indelebile di umana fratellanza».

 

Una lettera di Giuseppe Baldassarre

Cara Anna Maria, ho letto il tuo libro E-MARGINATI.

Alcune impressioni (più che giudizi, meditate) critiche.

Contenuto: rassegna a 360 gradi, un po’ rivolta all’indietro, nella propria esperienza molto all’intorno, nella realtà quotidiana. La galleria è ‘dolorosa’: un’umanità che crede, spera, soffre, scopre la delusione, l’ineluttabilità della sorte. Pure ha una sua specifica vitalità, anche testarda talvolta, comprensibile.  Non c’è riscatto, pare, ma comprensione, si, non c’è simpatheia, ma pathos interiore anche per il lettore, si.

E compito di chi vede e capisce è, se ne ha gli strumenti, rilevare, segnalare, elevare, un po’ per rispetto dell’umano in ognuno, un po’ per una pietas etica, che viene dall’interno e da lontano.

Lingua: alla ricerca della radice poliespressiva, a rischio di essere sperimentale, neologistica.

E questo aspetto è propriamente tuo, Anna Maria: è il tuo strumento espressivo privilegiato. Sicchè, tutto è innovativo, sguardo e parola.

Seguirti in questo processo espressivo è un arricchimento progressivo, non indolore, per la partecipazione emotiva,  pure preziosa.

Un bel lavoro poetico, dunque, un’opera che ha il tuo sigillo, ben riconoscibile.

Frutto di maturazione stilistica e sensibilità di sguardo e di anima. Complimenti.

 

  Breve nota critica  di     Carmelo Consoli

Fedele al suo vincente modulo di scrittura in gran parte frutto di una rilevante ricerca linguistica, avviata da tempo, l’amica Anna Maria Guidi ripropone e consolida con il suo ultimo libro di liriche “ E-Marginati ” le qualità rare e suggestive con le quali comunica il suo pensiero poetico, la forte carica di umanità, l’ampio e raffinato  contenuto intellettuale e concettuale.

Dalla strabiliante connessione tra il suo curatissimo, sofisticato, eccentrico laboratorio linguistico e la sua capacità di analisi e osservazione profonda, quasi un sezionamento chirurgico del rappresentato, con un  successivo rimodellare a colpi di bulino di fine scultore degli orizzonti e dei personaggi, nasce una poesia di grande e luminosa corposità, un distillato prezioso che, eliminato ogni residuo di romanticismo o sterile sentimentalismo, punta diritto all’effetto “immagine-emozione-concetto”, scarnificando la parola attraverso una ritmica affabulazione.

Ma non potrebbe realizzare il suo disegno poetica la nostra autrice senza la trascinante partecipazione di un anima sempre pronta a discernere tra Bene e Male, a sottolineare valori e disvalori, a denunciare carenze e ingiustizie della società.

Ed ecco allora che dal suo ultimo volume compare, come in un itinerante teatrino, una stravagante galleria di personaggi simboli di vizi, virtù, guasti, disgrazie, corruzioni, crimini e misfatti, gestiti dall’autrice sotto la categoria  appunto di  “ E-Marginati”.

Figure nette, di una realtà cruda e palpabile, rimaste nelle mente indagatrice della Guidi come testimonianza di variegati vissuti che inanellano quotidiane modalità dell’esistenza . Figure che l’autrice muove azionando i fili delle loro umane debolezze e qualità, nel contesto di una società traguardata sempre con l’occhio di un giudice in cui aleggia sfiducia e amarezza verso il genere umano.

Vero capolavoro di  cesellatura quel voltare e rivoltare,  modellare  e rimodellare la sua parola fino a scoprirne la radice più profonda, già felicemente impiegato in “ Senz’alfabeto”. E così la nostra passa in rassegna la sua galleria di umane sembianze che assumono spessori di grande rilievo nel loro svelarsi in carne e in spirito grazie ad acrobazie linguistiche taglienti e ricostituenti  tali da farla giungere all’essenziale dell’immagine, del  significato e del suo ritmico svolgersi.

Il risultato finale è che la sua narrazione poetica ha sempre i contorni di una scrittura alta, sofisticata  pungente, a tratti ossuta e persino sconvolgente e iperbolica nel suo personalissimo lessico.

Rimane un libro di forte struggimento nel dolore, nel tormento, nell’appassionata disamina dei suoi personaggi passati al vaglio di una accuratissima radiografia del cuore e dell’anima, grazie anche alle sue straordinarie doti di scandaglio psicologico.

Le varie anime di Adelina, Amalia, Anacleto, Foresto, Giuliana, Lodovica, Rombò e tante altre sono le protagoniste di questo prelibatissimo piatto poetico dove ritrovare il gusto della parola sacrale, sezionata e risezionata, sviscerata e rivista dall’alto di una ultra sensibilità critica e poetica, con tutto l’amore per una lingua che affonda le proprie radici nel meglio della  tradizione dialettale e con tutta la propria nobiltà compassionevole per recuperare dignità e spazio di luce vitale per ognuna delle figure esaminate e per una società in corsa verso la distruzione dei valori e delle armonie.

Così scorrono interni ed esterni, strade e campagne, attrici ed attori che ci pare di toccare nella loro consistenza fisica, come in “Ma-gruccia” o “Monia”, ma anche tragedie senza fine come le traversate marine dei migranti in “ Ezdir”  e il canto amaro e tagliente verso la sua città in “ Simmetrici sperdimenti “.

Insomma c’ è veramente da perdersi  e incantarsi nell’immedesimarsi dentro le figure di una incredibile vetrina, ma anche profondamente riflettere sulla vita e sul ultimo significato seguendo le pagine del testo  e i versi della poesia che chiude la raccolta “ In(de)finitudine illimite”.

Dunque complimenti vivissimi all’amica stimatissima  Anna Maria per questo nuovo capolavoro di scrittura e di impegno poetico e umano che la pone nella élite poetica della nostra contemporaneità.

 

A proposito di E– MARGINATI         di  Anna Balsamo

       Di E-marginati, di Anna Maria Guidi, si potrebbe subito scrivere, ed anche concludere, che è da premio Nobel il linguaggio: una cifra messa a fuoco da Anna Maria che ce ne aveva già diverse volte discoperto il presentimento. Difatti, a questo libro perfetto, manca solo un ex-ergo, la poesia che anticipava i cosiddetti E-marginati, quella dell’omino che, nel libro “In transito”, della stessa, cogliendo l’iris, lo definiva fiore prezioso: per la cosmesi delle signore in città (n.d.r.): vedi farmacia Roberts, Firenze) ma, com’era detto da lui!….Era come collocasse la pietra angolare della ricostruzione d’una lingua nuova. Nuova? Macché! Sì, invece. Sì e no: ossimoro, all’ennesima potenza dei modi, la lingua della Guidi, è proprio perfettissimo italiano (magari arcaico) che, se l’entità di Manzoni ci potesse buttare lo sguardo sulla pagina vi scorgerebbe quell’acme del parlar toscano che s’è sempre imposto di raggiungere. Anche se la poetessa, che del toscano di campagna riesce a inserire nei versi persino le cadenze, ormai ha preso l’abbrivo e niente la ferma più, e vorrebbe, come il rinascimentale Ruzante, per il dialetto veneto, trarsi il più lontano possibile dall’essere letteraria e, nell’immediatezza, raggiunge lo scopo col suo teatrino di autonome solitudini, e l’operazione risulta un vero capolavoro d’oreficeria: tuttavia letteraria. In questo gioiello, come s’inseriscono le pietre in un monile, c’è il materiale retaggio di spunti danteschi in sedicesimo: qui piccole polemiche etiche graffianti si insinuano acute ma è presente, tanto per riallacciarsi al gradimento che Manzoni avrebbe avuto in tale lettura, anche un bel garbo d’antan nel criticare i costumi nell’andamento delle umane cose: ma quel bel garbo è chilo masticato amaro, contestatario tipico del Novecento. Quindi l’amarognola frequente valutazione esistenziale della Guidi, l’intensità dei suoi intenti, ne allontanano una percezione d’ironia toscana alla Giuseppe Giusti, col sopravvento di questa sua lingua “innovativa” cioè, riarticolata, straordinaria, “sua”, per modi d’inserimento, arcaica per folcloristica origine, la pagina acquista un fascino inventivo simile a quello esercitato su di me dall’opera teatrale “Cleopatras” di Giovanni Sartori. A tale operazione, se ci fossero ancora, darebbero il loro assenso linguistico, ragguardevoli esponenti in materia – in modo “altro” dalle Accademie – quali Pasolini e Giancarlo Oli, tra i grandi sostenitori della validità d’espressione dei dialetti. Ma nella mia lettura sto per e-marginare gli E-marginati e, non devo: perché non di solo linguaggio è fatto il libro ma di lineare progetto che è lodevole proposito di versificare narrando, una soluzione che rende attualmente i libri di poesia veramente “libri” e non “raccolte” e che, ciascuno a nostro modo, tentiamo di mettere in atto. Un primo input del genere ci venne dall’indimenticabile Veniero Scarselli. Questi E-marginati protagonisti (ed è già un’antitesi), contrariamente ai defunti di Spoon River, sono vivi (quantomeno nella loro temporalità d’essere) e recitano ciascuno “l’aneddoto”, “il bozzetto”, “il cortometraggio”, “l’apologo” che li riprende, che li contiene. Sono personaggi d’una sorta di presepio, mimi marionette burattini attori della loro propria vicenda nei siparietti dei loro teatrini sapidamente coloriti dall’autrice, anche quando ella è desolata, sopra le righe, mostrandone sciapa l’esistenza. Nella sua “protesta” l’autrice non è presente in prima persona, si mischia ad essi solo riconoscibile in fuggevoli tratti: vedi “La Magretta (lì forse c’è nascosto un mini-ritrattino … lei si sente con loro?). Ma infine chi sono veramente gli E-marginati nella loro compagine? Metafora d’umanità restano archetipi più o meno assortiti al passato o al presente. Se prendessero coscienza di sé, coscienza che la Guidi si prodiga a dare loro, potrebbero cantare “We are the World, we are the People”? Dove in realtà invece tutti i VIP della musica leggera si arrogavano d’essere loro il “mondo” e la “gente”, proponendosi, all’epoca, in soccorso della carestia in Africa con la vendita appunto del disco. Ecco che nascono degli interrogativi: chi sono gli E-marginati? Se non sono loro “gente” e “mondo”, di chi è il mondo?  E se i potenti e i famosi si arrogano di essere “mondo” e “gente”, vuol dire che solo a famosi, potenti e geni è riconosciuto di non essere E-marginati? E quando noi tutti ci regolassimo con questo criterio, con questa valutazione, come se noi stessi fossimo, supremamente, “quelli del Palazzo”, chi è il vero emarginato: la gente comune o quella del Palazzo? O nella libertà, nessuno, che è vivente, è emarginato? O emarginato è l’indifferente che agli emarginati si estranea o peggio li snobba? Come si vede, quando scrive, la Guidi sempre c’induce all’approfondimento, poiché tra le sue righe la superficialità non sta di casa e lo dimostra questo suo recente intrigante libro pervenendo a stimolo di plurimo interesse.
Una lettera di MARIELLA  BETTARINI

Cara Anna Maria, ti scrivo per comunicarti tutta la mia stima, sempre, e in crescendo tanto più dopo aver letto il tuo magnifico libro “E-marginati” con l’ottima prefazione di Luigi Fontanella.

Anna Maria carissima,come fare ad esprimere “in sintesi” il mio “parere” dopo la lettura?

Non è facile, ma vorrei qui almeno subito segnalarti le poesie che più mi hanno colpita e coinvolta che sono le seguenti: “Amalia”, “Angiòlo”, “Oligarchia di mascelle”, “Franchina”, “Giuliana”, “Lina e Lisa”, “Lodovica”, “Monia”, “Horror Vacui”, “L’irreperibile”, “Rina”, e tante altre, ma sarebbe lungo l’elenco.

Scusa la “sinteticità” di questo mio “parere” su questo tuo davvero “importante” libro e complimenti ancora, amica cara, con tutta la mia viva vicinanza.

Giuseppe Peralta

Quando la poesia dipinge nascono “ritratti” che nulla hanno da invidiare alla pittura. Questa silloge di Anna Maria Guidi è una “galleria d’arte”, ma al posto dei “quadri” ci sono esseri in carne ed ossa che percepiamo con tutti i sensi. E ci sentiamo invasi dalla loro sorte, dal loro essere fuori, “E-marginati”, ridotti a scampoli di vita, sì che ne proviamo com-passione. La descrizione dei loro tratti psico-somatici è così precisa, incisiva, concreta da restituirci di ognuno l’intera persona in corpo e anima, con un accentuato realismo da trompe l’oeil, che li ri-trae, fuori dal non-luogo in cui sono confinati, nel versante poetico, dove essi sono un’umanità grondante di abbandono e di solitudine, stretti in un grido di dolore taciuto, nella loro silenziosa richiesta d’amore e di aiuto. Questi umiliati e offesi, crocifissi dal silenzio e dall’indifferenza, hanno la consolazione dello sguardo pietoso della Guidi, che li restituisce all’esistenza traendoli dall’oblio e consegnandoli alla poesia, la quale li riscatta in testi che li nominano uno per uno e sono la loro denuncia e testimonianza. Perché essi vi parlano con la voce dell’Autrice. E il lettore, che conosce questa condizione dis-umana, non può che lasciarsi coinvolgere emotivamente da tanto amara rappresentazione, resa con linguaggio tanto figurato quanto concreto, scultoreo e inventivo, intriso di pathos e di sanguigno furore.

Non manca in questa silloge l’invettiva contro la società globalizzata, in cui viene meno la comunicazione interpersonale a vantaggio di quella mediata dai mezzi tecnologici sempre più sofisticati e dove l’uomo finisce per restare ingabbiato nel labirinto virtuale. Ed ecco che di fronte al pericolo rappresentato dalla tecnica che consente all’uomo di estendere e imporre la propria egemonia sulle cose manipolandole, asservendole, stravolgendone la natura e il fine originario per cui sono state create, l’accenno, alla fine della silloge, alla Gelassenheit heideggeriana, è l’indicazione della via da seguire per evitare di con-cedersi “al varco senza scampo / del limite postremo”; è l’ atteggiamento speculativo di fronte alla realtà: «l’abbandono» e il raccoglimento che lascia-essere gli enti, le cose così come sono, senza trasgredire e modificare l’ordine in cui sono state costituite e collocate. E qui, il riferimento va oltre gli enti materiali, nella direzione dello spirito, la cui assenza a causa della meccanizzazione del nostro intimo ci fa pendere sull’abisso confinandoci tutti al “margine” della vita, in prossimità di quel “varco senza scampo”, ossia della morte, che tuttavia, per Heidegger, può liberare l’uomo se egli si abbandona agli enti e rinunciando al boomerang del “progresso” tecnologico si apre al mistero della verità dell’Essere e alla possibilità di approdare, attraverso il progetto dell’essere-per-la morte, a una vita più autentica, che, per la Guidi, significa sottrarsi al destino di E-marginati, rendere l’uomo “innamorato d’eterno”.

Antonio Spagnuolo

Numerosi i personaggi tratteggiati in queste pagine , nei profili ombrati di una irrequietudine confusa e stanca , nei segni incisivi di qualche sorriso furtivo , nelle colorazioni di fascinazioni riflesse di sguardi illusori, nel gioco di memorie e di sentimenti. L’effetto luminoso di una variegata galleria di ritratti si offre in versi distillati con severa cultura , in componimenti che hanno la cadenza costante del rigore , centellinato in ritmi impegnati e precisi. Forse una delicata flessione nell’ottica della narrazione , della revisione biografica , della descrizione puntuale , accenna pagina dopo pagina ad una melodia attenta ad una sorta di analisi del personaggio , così che i dipinti aprono ad un arcipelago delle personalità nella polisemica valenza della parola stessa. Anna Maria Guidi riesce a impegnare la nostra lettura per alcune peculiarità di rilievo : l’originalità figurativa delle immagini , la musicalità del verso , la palpabile evocazione delle realtà quotidiane ,le preziosità riflesse sulla condizione esistenziale dell’uomo e del suo “male di vivere” . Brevi e folgoranti accensioni si alternano a proiezioni inaspettate e cariche di filosofia , quando la chiave è nell’indagine della “presenza” e della “proiezione”. Il poeta , come un rabdomante , non disdegna di scrutare le incursioni che il mondo propone , tra inganno e desiderio , illusione e brivido.

Fiorella  Macchioni

Che dire? Bellissimo umanamente e spiritualmente. Ho letto un libro che in ogni pagina rivela un lievito –doloroso- fecondo che donerà un pane profumato, ma anche la inevitabile dissolvenza di valori che hanno accompagnato altri spazi, valori che nell’indifferenza e nel cinismo, nonostante tutto cercano un varco. Molte delle persone che dipingi, le ho conosciute. Naturalmente ad altre latitudini e con diversi nomi. Fanno parte a buon diritto della memoria del nostro memento. Viviamo un tempo che firma impetuoso o sereno il loro traghettare da loro a noi affrontando la sfida del nostro vagare ad evolvere ‘sfiorando’ anime diverse. Hai un dono, un gran dono, dipingi con parole colorate l’umano e lo spirito, e noi guardiamo Cronos che gioca con ritratti bruciati dal sole e bagnati di luna. Credo che l’artista, abbia un compito a lui dedicato, una denuncia del tempo che abita: a volte è una macchina che insaziabiabile tutto fagocita, a volte sono sorprese dedicate che pacificano. Colui che guida lo strazio se ne fa testimone e con altri echi lo moltiplica, fino ad essere da molti udito. Hai una tavolozza feconda meravigliata e meravigliosa.

Stefano Lanuzza

Gentile Anna Maria, nell’attuale inflazione di libri di versi, è una bella, gradita sorpresa il suo libro “E-marginati: quasi un poema antropologico dedicato ai sans papiers.      Complimenti, con i miei migliori saluti.

Sauro Albisani

Cara Anna Maria, ho letto il tuo libro e ho apprezzato la ricerca di un’autentica coralità, che anche per me è un valore e un dovere della poesia onesta. Parola chiave nell’opera e “solitarietà”, temperie che informa di se tutto lo spazio descritto, inospite e tuttavia popolato di testimoni del nostro tempo, dal nostro tempo condannati a una solitudine mediatica avvelenata dall’algida ubiquità virtuale dell’essere in rete. Concordo con Luigi nel riconoscere in “Ezdir” uno dei vertici del libro, con l’immagine cosmica del naufrago che, da Omero a Eliot, percorre tutta la storia della nostra cultura europea.

Le tue sono poesie che si potrebbero immaginare cantate e accompagnate dalla chitarra: e non è un pregio di poco conto.

Grazie del dono. Con amicizia.

 

Giorgio Barberi Squarotti

Cara e gentile signora, ricevo la sua raccolta di poesie così drammatica e dolorosa, ma pure con la costante fiducia e assicurazione della memoria nella fedeltà della vita.

La sua scrittura poetica è altissima e ed esemplare: è una lezione preziosissima.

Le auguro tempi ancora sereni e la saluto con vivissima amicizia.

 

Liliana Ugolini

Ricordando il tuo precedente libro “Senz’alfabeto”, che mi è piaciuto molto e nel quale c’era un notevole cambiamento dalla tua precedente scrittura, anche per questo “E-marginati” noto una più riflessiva e calma poesia, una più matura parola che dipinge. Le opere in affreschi di frasi disegnano personaggi da dentro e s’ode musica, trilli e voci d’un passato che resta fuori dalla città.

L’interpretazione psicologica degli attori che parlano in dialetto riporta ad ambienti genuini e il tuo vissuto si fonde in loro mentre tragica la sorte è compresa con gli ultimi reduci e sopravvissuti. In ogni essere c’è sofferenza, cambiano i fatti e gli ambienti ma grande è la coscienza del precario e dell’indifferenza, del dolore umano che tu interpreti in maniera toccante. In prima persona è l’impegno sgolato deve c’è forza e sete d’intenti che sfociano in disperata ironia. Nel leggere i tuoi ritratti mi vengono in mente le storie di De Andrè tanto le trovo musicali e cadenzate da una metrica adatta. Sono reduce dall’aver presentato la poesia popolare e Rosa Balestrieri e ho nelle orecchie i suoi racconti che tu mi fai ricordare per assonanze. Potrebbero benissimo essere testi cantabili in forma di colta poesia popolare e acquisterebbero, senza togliere nulla alla bellezza dei tuoi versi, un’altra valenza. Trovo questi testi veramente pregni di vissuto, d’immaginazione, di riletture, di partecipata identificazione e sono ancora un passo ulteriore nella tua da sempre bella scrittura.

Complimenti vivissimi per questa opera davvero molto densa e completa.

 

Luciano Nanni

Poesia. Sulle prime e-marginati suscitò l’idea di un discorso informatico, ma la lettura porta in sé una nuova dimensione che nessun meccanismo non umano sarebbe in grado di creare. Le figure che vi compaiono in gran parte della raccolta possono ben essere reali e colte nel loro peculiare carattere, ma avere dentro un aspetto simbolico che solo la parola poetica rivela appieno. Tecnicamente l’autrice estende taluni termini in un’area contigua che però trasforma: in tal modo il trattino o la parentesi come elementi interpuntivi riescono a scoprire ciò che si nasconde nella profondità del linguaggio. Le immagini, talora crude nella loro incidenza espressiva, concorrono a determinare una resa stilistica probabilmente unica nelle lettere contemporanee, poiché una specie di memoria lessicale trasporta in superficie tutta la coscienza del fare poesia e la sua forza dirompente attraverso una versificazione solida e senza smagliature, non di rado ‘profetica’, e sempre sul discrimine di una scrittura intensa, non intimorita dal dato lirico o antilirico, da accettare in toto. Le descrizioni colgono il lato oscuro delle cose: “Ma stamani il mare è una piatta fucina | imbrattata di pioggia”. L’autrice ri-crea un tessuto verbale che sembra a volte provenire da un indefinito passato ma si proietta verso un futuro già incluso in queste pagine.

 

Mariagrazia Carraroli

E-marginati mi è venuto incontro aprendo subito lo scenario di una viva, disperata, commossa assiderata umanità.

Mi è venuto incontro accompagnando la mia solitudine di questi giorni con le solitudini d’uomini, donne, giovani, vecchi…..colti da una poeta-lupa affamata di vita e di vite, e proprio per questo capace di comprendere la fame dei personaggi da lei cosi magistralmente ritratti.

Mi è venuta incontro con rari e inattesi sorrisi, come quello cheto (….) di saluto  della nonnina o di Rina dagli occhi di furetto.

Sorrisi spesso beffardi, dentro un contesto dal sottofondo amaramente ironico, dove le figure abbozzano un girotondo felliniano dal ritornello ossesso infilato dentro i versi: una tarantella stremata che sa di cicuta.

Eppure, in questo avvilito vivere, congestionato da contatti senza tatto, fa bene all’intelletto e al cuore incontrare Angiòlo abbracciando insieme a lui le piante secolari del suo bosco, fa bene pescare a mani nude nel fiume insieme ad Erlindo, o infilare perle per le amiche con Rina…..

Fa bene restare un po’ con Anna Maria, scoprendo fra i bagliori amari del suo sguardo attento all’umano, e così acutamente impietoso sul mondo, sguardo sostenuto da una scrittura ardita e ardente, fa bene intravedere in questo suo ultimo irto, ruggente lavoro (scuote e commuove fra gli altri, particolarmente, Ezdir) quel margine/innamorato d’eterno  che noi tutti in fondo sperimentiamo.

 

Anna Vincitorio

“In bilico sul limitare del varco

ch’io non tremi e spauri mi tendi la mano

padre mio ritrovato…..

E giammai più ti perdo

Stella fissa che luce e non cade…”

Un incipit di sapore leopardiano che induce a riflettere. Nella incertezza che precede il varco c’è una mano tesa. Speranza verso qualcosa che prevalica le ingiustizie, le incomprensioni, le paure nelle quali ci aggiriamo.

E’ proprio al limitare dell’esistenza là dove esplode la paura dell’ignoto che si apre verso di noi una mano per accogliere il nostro grido. Un grido che reclama amore anche attraverso la bestemmia. Questa è un affermazione di fede: io bestemmio contro un Colui che esiste; quindi la mia bestemmia è una preghiera.

E-marginati si apre ad una lettura responsabile. Anna Maria li ha accolti nel suo cuore gridando la loro infelicità. Lei, uno e tutti. Il suo vivere appesantito da costanti sofferenze l’ha resa aperta come gigantesca conchiglia fluttuante sul mare del dolore. Il testo affronta una parola senza sovrastrutture, schietta, brusca a volte dialetto alternata a sofisticate assonanze e neologismi che riflettono la complessa personalità culturale dell’autrice; Anna Maria ha in se solitudine e in questa sua solitudine accoglie quella di tutti coloro che ha incontrato sul suo attento cammino. Personaggi vividi, teneri, aspri, rassegnati, infuriati nei vari stadi delle loro vite vissute, esaurite ma sempre presenti nel ricordo.

Sono personaggi delineati con pennellate asciutte e non è di rilievo se sono figure del passato o del presente, ma viva è la traccia che lasciano nel lettore. Attraverso il testo ne percepiamo i luoghi, gli odori, la loro sofferenza che accumuna quella universale presente nel mondo. La pietas tra le sue larghe braccia accoglie Amalia che consulta: “Intriganti fattucchiere e cartomanti…./ tutte le mattine conpulsa oroscopi/ingollandone i rospi /….nell’acido aceto della mente…” Anacleto che  “vanga il campo di sudate bestemmie…./ salato di sale e di sole / nel grembo della terra a mezzogiorno” e come non sorridere al nome tintinnante di Arlindo pescatore “senz’ami e senza lenza”. Più numerose le figure drammatiche: Evelina “Tutte le notti mangia e sputa / sperma nelle pubbliche latrine / al prezzo della dose…”.

Anna Maria raggiunge accenti di alta drammaticità nel poemetto Ezdir con “sulle spalle gli insulti e i lutti della guerra /….Sputa, scalcia, annaspa Ezdir…/ vacua speranza di salvezza dal mare guerriero/che lo sferza  e l’affranta/lo sfianca e l’affonda…/ Ma Allah non è il Misericordioso/che tutto presiede vede e provvede….”. L’autrice vede in noi tutti gli Ezdir crucifissi… “alle volte dell’eternitudine / senza segni ne regni ne cieli./E senza Dei.”. Forza amarezza e perdita di ogni speranza? S’incontrano però anche versi teneri che attenuano il rigore della tragicità ricorrente. La sartina Giuliana e quella limpida descrizione del suo vivere “in-seguendo e segnando quell’aria/ristretta fra i muri del cielo/con la voglia di un azzurro lontano../come il mare che non ha mai visto/ma che infila l’ago insieme a lei/i fili le sue onde/a volte tempestose alla resa della cruna”. Anna Maria descrive bene il dolore: non l’osserva dal di fuori ma ci si immerge. In ognuno dei suoi personaggi vive una parte di se che scalpita ed è partecipe del loro vissuto. In lei anche la tenerezza di nonna Luisa: “quel suo cheto sorriso di saluto: serenante azzurrità/che già rianima e rischiara da lontano/il cielo sepolto nell’acido piombo dell’anima:/che in quella sorgiva azzurrità/senza nulla chiedersi/ti sa”.

Versi che prendono l’anima e commentarli sarebbe come corromperli. Ci rimangono impressi dentro, li amiamo anche che se potrebbero ferirci.

Poesia del reale, dell’accaduto, fluido raccontare dei sentimenti di   più vite; specchio della limpida anima di Anna Maria che vive, soffre, fortemente partecipe alle vicende della vita, alle divisioni “per razza, fatica, indifferenza, privilegio, elemosina.” Si rivolge cordialmente alla sua povera città “opulenta di ricca miseria” che “a misura d’usura…/ verifichi i suoi costi / ma non li puoi cassare…/ una siepe di solitudine crucifissa di silenzi”.

Grazie per questo messaggio denso e forte, delicato e crudo che attraversa il cuore di ogni essere sensibile. Libro di denuncia ma anche gesto di infinito amore verso tutti quei personaggi indelebili e presenti nei nostri cuori.

 

Dante Maffia

Con i miei saluti il mio vivo ringraziamento ad Anna Maria per avermi mandato “E-marginati”, libro davvero di grande rilievo, sia per l’argomento trattato che per come è stato trattato.

E’ un esito poetico assai raro oggi nella poesia italiana e volevo perciò complimentarmi e augurarle un grande successo, e soprattutto anche una grande attenzione critica.

Cordialmente, e ancora tanti complimenti.

 

  Massimo Scrignòli

Ho letto più volte, con il necessario “ascolto”, i versi e le parole soppesate, “distillate”, una a una delle poesie che compongono questa raccolta nell’intrecciarsi delle varie “storie”. E’ un lavoro molto sentito, sul filo di quel tormento necessario a cui Heidegger volge spesso lo sguardo. Anche, la scelta stilistica è rilevante, con l’uso selezionato dei termini e figure in un insieme estremamente calibrato.

E’ un’opera questa che mi ha coinvolto significativamente: la pre-lettura di Fontanella era già garanzia di un’ottima qualità espressiva, ma ho avvertito anche echi e rimandi ad autori a me cari e soprattutto ad un modo di intendere il dialogo in poesia che sento a me vicino. E’ questo, credo il risultato di una scrittura “misurata” e controllata, dove ben convivono la parola poetica che nasce dal vissuto e la felice correlazione fra poesia sentimento e riflessione (qui in particolare con l’aggiunta di “esistenze” che dal “margine” vanno il centro di tutto. L’accadimento (rimanendo nei “luoghi” heideggeriani) avviene all’interno di un paesaggio mentale in cui il “segno scritto” ne è la voce portante. Così le persone sono anche le “tracce” di collegamento per potersi muovere in un testo che si propone come un libro “organico” di poesie e non solo come “raccolta” di poesie, ed è questa la linea che personalmente prediligo.

Il testo è compiuto; solo mi permetto un suggerimento circa i testi di apertura e chiusura: metterei infatti la stella fissa (bellissimo e coinvolgente) come apertura, esergo del libro; mentre i testi che riprendono i concetti heideggeriani li vedrei come exit, chiusura del libro (penso appunto al concetto di gelassenheit, che nell’abbandono  vede anche la via di ciò che riporta all’origine).

Detto questo, confermo la mia disponibilità, ed anche complicità, alla pubblicazione del libro; ma per ora, indipendentemente da ciò che si potrà fare o non fare insieme, mi preme complimentarmi con lei e ribadire il mio consenso e condivisione a questo suo bel libro, che le auguro possa davvero incontrare un notevole consenso critico, e i meritati lettori, anche nella “desolata” terra della poesia.

 

Luciano Ricci

Cara Anna Maria, ho letto il tuo ultimo libro, e resto come sospeso, preso come sono dalla sua straordinaria pregnanza; è qualcosa molto di più di un libro, per quanto importante sia: è un’opera d’arte fatte di parole accostate fra loro come note su una partitura geniale. Avevo letto altre opere tue, tutte di alta qualità, ma quest’ultima mi ha emotivamente coinvolto davvero. Mi sono nutrito infatti delle impressioni, dei sentimenti rimossi, cogliendone qualche volta, anche l’intima sostanza.

Grazie Anna Maria carissima, ti saluto affettuosamente augurando a te e a questo magnifico libro tutto il meglio che si meritano.

 

Michele Brancale

Vite ferite e capaci d’amore.

Con “E-marginati” (Book Editore) Anna Maria Guidi approfondisce una tematica che era emersa nei suoi libri di poesia precedenti: la descrizione di vite ferite e capaci d’amore (come “in Transito” e “Tenacia d’ombra”, vedi Semafori letterari del 16 febbraio 2014).

26 ritratti di chi sta ai margini, preceduti da un’introduzione in versi e chiusi da una lirica sull’ “indefinitudine” e una citazione di Heidegger, caratterizzati da uno stile talvolta aggressivo, e solo apparentemente bilioso. Segnalo su tutte le poesie, Rina (le collanine).

 

Inoltre, di Michele Brancale è uscita su ‘La Nazione’ del 16 giugno 2017 questa segnalazione:

Anche Anna Maria Guidi ha pubblicato un nuovo libro in versi: ‘E-marginati’, presentato nella libreria Einaudi di Firenze. Emerge, come osserva Luigi Fontanella nella sua prefazione, “una sorta di Spoon River o piccola epopea di una umanità decentrata o appartata, quasi reclusa in se stessa: quella che popola la campagna a ridosso di Firenze, a volte illuminata da ‘un’elemosina di sole’, altre volte sprofondata in cupe tragedie personali”.

 

Simonetta Lazzerini Di Florio

Da E-marginati, che molto ho apprezzato e che profondamente mi ha coinvolto, comincio questa breve nota critica citandone una parte significativa: da Rina (le collanine) “nel verdeggiar del vento”. Che immagine efficace! “nel fluvial parco mattutino / quando pudico il sole / ancor non morde e non confonde /”: nella sobrietà delle parole, una reminiscenza classica, un che di pariniano senza slabbrature sentimentali, senza parole di troppo, tutto terso e misurato ci dà l’immagine del lungarno (che chissà quante volte osservi dalla finestra!) verde d’erba e d’alberi, col sole da poco sorto (ma con quanta forza evocativa tu ce lo rappresenti … ecco, mi fa pensare a Caproni, fra i moderni…). Ancora classico nel “dilavati nell’immota pianura” (e di colpo, ecco, la vita piatta della povera Rina…). Che grande poesia!

 

Sandro Angelucci

TROVATELA QUI LA VERA RIBELLIONE

Scorrendo l’autorevole prefazione di Luigi Fontanella alla recente fatica letteraria  di Anna Maria Guidi, si legge già al primo capoverso: “[…] quel trattino posto tra la E e la M (di E-Marginati: questo il titolo) che divide e unisce allo stesso tempo il concetto di ‘margine’…, rimanda appunto sia a chi è escluso da un centro ‘dominante’… sia a chi può guardare ad esso con distacco e magari con felice disposizione d’animo proprio perché il suo luogo è fuori da quel ‘centro’ […]”.

Bene: è da qui che voglio partire: questa lista di persone (che tutto è fuorché un elenco) – tra l’altro prolungabile: tragicamente e sempre più aggiornabile – questa umanità sofferente e disgraziata non è costituita soltanto da chi è bandito e addirittura ghettizzato, ma anche (e non di meno) da chi è accettato, ammesso a far parte di quello che il Critico definisce il ‘centro’, e potremmo tranquillamente identificare nel polo in cui confluiscono i poteri forti del consorzio umano.

Lo documentano – a mio parere incontestabilmente – due poesie presentate in ordine sequenziale: Quintilio (p.65) e L’irreperibile (p.67).

Nella prima – diciamo così – si vola basso, rasoterra; non in senso dispregiativo, anzi (è certamente il migliore dei modi per toccare il cielo), ma perché le imprecazioni – o impetrazioni? Si domanda la poetessa – del contadino con la fronte coperta di “sudore di neve” per gli olivi agghiacciati, “imbiancati di lutto”, incarnano fedelmente il genere umano nella sua condizione più ostica e faticosa del vivere. E se, in chiusa, la Nostra rivela di non aver mai chiesto a Quintilio se le sue fossero bestemmie o preghiere, nella ferma convinzione che “tanto non avrebbe risposto / perché non lo sapeva nemmeno lui”, è per invogliare il lettore a riflettere.

La blasfemia e l’implorazione non sono poi così distanti l’una dall’altra come si suol credere; e vorrei – al riguardo – portare un esempio celeberrimo e biblico: quando Cristo spirò sulla croce non suonò forse come un’imprecazione quel suo esclamare ‘Eloi, Eloi lama sabactani’?

Eppure – non esito ad asserirlo – è anche un’invocazione: la più alta, e soprattutto quella che tiene nel debito conto sia il mistero della vita che il mistero della morte (che, poi, è il medesimo).

Lo stesso segreto che si ritrova nei versi de L’irreperibile, dov’è l’arte – per antonomasia sublime espressione del pensiero – a farsi portavoce della verità.

Così, nel barattolo in cui Manzoni sigilla la merda d’artista, Anna Maria coglie un “organico o-lezzo” (ancora il trattino che torna a separare e ad unire contemporaneamente), ponendosi e ponendoci, in definitiva, il quesito precedente: è fetore o profumo, “settico sugo dell’esistere” o sterile “silenzio concentrato” di ogni nostro umore quell’escremento raccolto e racchiuso in recipiente? E, ancora, la risposta resta inevasa, salvo recuperare uno sprazzo di veridicità nel finale, dove si spurga e si “s-tormenta” l’inquietudine ad opera di “un ermetico Eterno / Irreperibile”.

Mi sono a lungo soffermato sulla componente che, di questa poetica, ritengo possa svolgere una duplice funzione: riflessiva ed esplicativa al contempo.

Fontanella parla di uno “sguardo indagatore”, e lo definisce “pietoso e impietoso”. È necessario valutare con attenzione questo convincimento dello Studioso: l’indagine è spietata, ma come – mi domando, come – potrebbe essere caritatevole, compassionevole, se così non fosse? Se non monta la ‘rabbia’, non è possibile rendersi conto, dare o, quanto meno, provare a dare un po’ di serenità a chi ne ha estremo bisogno.

È quello che accade in queste pagine al mezzadro Anacleto, ad Angiòlo che “mena fendenti secchi allampanati / come lui…”, che “parla della sua opra e dei suoi acri / della sua donna inferma e dei figlioli / ‘che senno sistemati giù in città / e ’un tornan neanco a stagion bona’, concludendo saggiamente: “‘i’ più l’ho bell’e fatto da un pezzo / e alla mi’ ora voglio anda’ via / da solo ‘nseno a i’ bosco / sott’un chercione / che mi schianti di botto  in su i’ groppone: / così – e senza patì’ tanto – / si fa festa assieme tutt’e due / e ‘un ci si pensa più.”.

È quello che succede a Ezdir, “senza amen né requiem”, come “per gli Ezdir che tutti noi siamo”. Ecco, qui si che si perdona davvero ma, prima, ci si è visti sbracciare – in una “Notte mediterranea” – con il mare “forza 9” alla ricerca di un inconsisten(te) appiglio; qui, alla stregua di Quintilio, si bestemmia mentre si prega e si prega mentre si bestemmia, qui si accetta (non di buon grado, ovviamente) di essere “crucifissi all’indefettibile terminanza” leopardiana – mi sia concesso dire – più per aspirazione ad una realtà altra, però, che per scoramento dalla disillusione causato.

Non si può terminare l’excursus nella poesia di Anna Maria Guidi senza fare riferimento ad un’osservazione di carattere formale e stilistico: sono presenti molteplici invenzioni linguistiche (cito una strofa tratta da Lina e Lisa che ne contiene di significative: “Esce un’elemosina di sole / il medico sole che de-tende e de-terge / spargendo il sale marcio d’ogni vita / nella vertiginante voragine cosmica / che tutto in(de)finisce as-sume e as-sorbe.”).

Ma numerosi sarebbero gli esempi da addurre.

Ora chiudo davvero, con un’esortazione a chi scrive e a chi legge poesia: trovatela qui, non cercatela altrove, la ribellione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anna Maria Guidi. E-marginati. Book Editore. Ro Ferrarese. 2017. Pp.96 € 14,00