Grazia Frisina, Avrei voluto scarnire il vento, Edizioni Compagnia dei santi bevitori, Pistoia 2022

Una interessantissima raccolta poetica di Grazia Frisina.

 

 

Una lettura critica di Martina Lelli.

“Avrei voluto scarnire il vento” di Grazia Frisina è un soffio poetico che incanta leggiadramente l’anima e spontaneamente l’accarezza, la conduce sensibilmente in un viaggio di essenza femminile, fino a lasciare orme di donna nella traiettoria inafferrabile di un refolo che, voltolando, realizza echi di protagoniste follemente coraggiose.

La silloge, aggraziato turbinìo di vite, svela la forza soprannaturale della personalità che, pur risiedendo nel Nome e nel corpo, liberamente migra dal destino alla sostanza dell’Essere, “come se l’Eterno / […] respirasse accanto / in confidenza.” (“Baba”). I versi della Frisina, infatti, si allungano “per capire / come sotto le cellule / s’accalchino incanti e spaventi/ brame e schianti / per scoprire / dove avviene la germinazione /di […] tortuosi sonnambuli pensieri” (“Sylvia”) e, “ricominciando dal senso della nuvola/ che ogni istante sceglie di farsi nuova” (“Eva”), rinnovano la libertà spirituale di grandi Donne, da straordinarie poetesse, come Saffo e Alda Merini, a modelle e muse ispiratrici, ovvero Camille Claudel e Bella Ronsenfeld, dalla scienziata Margherita Hack, fino a personaggi femminili in opere letterarie, tra cui Psiche e Marianna Ucrìa.

L’introspezione psicologica nelle Personalità femminili e la coniugazione del verbo nel titolo vivificano il concetto di una raccolta poetica intimista, ma in un’accezione collettiva: la voce dell’io poetico scaturisce dalle emozioni e dalle esperienze di personaggi che, nel profondo, appartengono alle stagioni della vita dell’autrice e di ciascun lettore, creando autenticamente un “noi”. In particolare, la poetessa utilizza la parola attiva, ovvero la parola che accende la curiosità nel destinatario per indicargli, attraverso la riflessione, quali “sillabe fonemi da intagliare/ […] Per dire – Per cantare / Da sommare a storie di venti” (“Marianna”), creando un dialogo nel gineceo a cui unirsi emotivamente, con le proprie inquietudini e speranze, sublimando il potere messaggero del vento.

La raccolta, intesa come nucleo di componimenti dialogici, svela lo spirito e la forza morale della donna contro il tempo, celebrandola non come donna angelo, ma come simbolo di integrità personale e fulcro energetico di se stessa: la Frisina, con originalità e affetto-rispetto, chiama per nome le sue protagoniste, ricordando le loro essenze emozionali e reali, curandone l’individualità e l’unicità, in un’eco poetica che le rende libere e senza confini, proprio come le raffiche del maestrale e le carezze della brezza marina. Ogni donna della raccolta è un mondo irripetibile e la poetessa, tra le folate di vite al femminile, si sente parte della loro anima. Grazia Frisina termina la silloge invocando e chiamando a sé le sue amate protagoniste: “Fui più volte / Emily Marina Sylvia / Elizabeth Anna e Virginia” e “sorellamente legata” (“Me”), si unisce a loro, cercando il filo che potentemente le accomuna e la “stessa stregata luna” (“Me”) che le rinvigorisce vegliando su di loro.

La penna diretta ed evocativa dell’autrice lascia impronte di continuità tra autore e lettore, diventa “uno sfiorare di pupille” (“Annunziata”) fino a plasmarsi in “un vento più forte di libere nuvole” (“Marie”) a cui aggiungersi per essenzializzarsi nel valore unico e nella preziosità dei tempi in empiree primavere.