ROBERTO MOSI, ESERCIZI DI VOLO, EUROPA EDIZIONI, ROMA 2016, PP. 94

Roberto Mosi, scrittore, poeta e fotografo costruisce in questi Esercizi di volo una storia tra realtà e fantasia, intrecciando le vicende dell’io narrante (un alter ego, si direbbe), colto in una fase di ricerca del sé, con quelle narrate in un romanzo che il protagonista sta scrivendo con scopi terapeutici. In questa storia di uno Zeno di oggi si moltiplicano i piani del racconto, quasi in un gioco di specchi, in cui per il lettore è facile, e piacevole, smarrirsi. “Entrare in queste pagine significa entrare in un mondo strano, talvolta leggermente inquietante, ma affascinante, quasi irresistibile.” (dalla quarta di copertina).

In effetti ci si lascia condurre volentieri in questo labirinto della fantasia, forse l’unico che può condurre o lasciare intravvedere risposte veritiere.

Anche perché la scrittura è magmatica, discorsiva, a tratti poetica, un collage di pensieri e di emozioni, in un fluire continuo.

Scrittura come prova d’autore, quindi, e come ricerca di pagliuzze d’ oro nelle sabbie variegate del fiume.

 

L’intervento di Annalisa Macchia alla presentazione del volume alla Libreria Salvemini di Firenze il 3 ottobre 2018

Roberto Mosi vive a Firenze. È stato dirigente per la Cultura alla Regione Toscana. Ha pubblicato le raccolte di poesia: L’invasione degli storni (Gazebo Libri, 2012), Luoghi del mito (Lieto Colle, 2010), Nonluoghi (Comune di Firenze, 2009), Florentia (Gazebo Libri, 2008). Nella collana Libri Liberi, www.laRecherche.it sono pubblicati gli eBook di poesia: Aquiloni e Itinera. Recensioni sulle opere dell’autore sono riportate nel sito www.literary.it. Mosi cura i Blog per la poesia www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it. Ha realizzato mostre presso caffè letterari e biblioteche dedicate al rapporto fra testo poetico, immagine fotografica e pittura.
Roberto Mosi è presidente della rivista fiorentina “Testimonianze”, fondata da Ernesto Balducci. Alcuni degli articoli pubblicati: “Il paesaggio fra poesia e memoria” (2002), “Dino Campana, un viaggio chiamato amore” (2004), “Gli angeli sulla Cupola di Berlino” (2004), “Mario Luzi, la tensione verso la semplicità” (2005), “Da quando Modugno cantò volare” (2007), “Aeroplani di carta” (2008), “Quando mio padre combatteva in Etiopia” (2011), “Bertgang di Luigi Fontanella” (2012).
Altre opere: Cibernetica e città del futuro, in “Città e anticittà” a cura di Giovanni Michelucci, 1971; Sulle tracce di Napoleone e Elisa: percorsi napoleonici nella costa toscana (Fazi Editore, 2005); Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio Editore, 2013).
L’autore è impegnato come volontario nel campo della cultura.

Senza dubbio tutti voi conoscete già il nostro autore, la sua vasta cultura , orientata in vari settori dell’arte, e il suo grande impegno e contributo speso per diffonderla. Per raggiungere certi obiettivi, occorre una mente rigorosa e aperta, capace non solo di decifrare la realtà che la circonda, ma anche di filtrarla e di modellarla adeguatamente per poterla poi offrire all’altrui comprensione. A occhio e croce l’esatto contrario di un individuo che, forse un po’ troppo superficialmente, la società odierna (e non solo odierna …) cataloga come “folle”. Tuttavia vi invito caldamente a continuare la lettura di questo libro, peraltro accattivante e fascinoso, il cui personaggio principale ha tutta l’aria di essere un curioso alter ego del nostro autore. Vi ritroverete inevitabilmente coinvolti in un vortice che vi farà volare in cieli e sostare in territori abitati da una indiscutibile  “follia”. Luoghi e personaggi oltre le righe, come ogni Follia che si rispetti comanda, ma dotati di incredibile  fascino, di una sostanza liberatoria e talmente deliziosa che anche i crimini che vi si compiono a suo nome non spaventano, anzi attraggono e intrigano. Così piacevole da ritenere impensabile non celebrarne la Festa, celebrazione contemplata come principale obiettivo della sarabanda di personaggi che dà vita a questo racconto-fiabafavola (benché spesso i termini siano utilizzati come sinonimi, fiaba e favola stanno a indicare due diversi generi narrativi, differenti per modalità narrative, luoghi e personaggi. In effetti, se la fiaba mette in scena storie senza tempo né luogo in cui i personaggi, solitamente rappresentati da uomini e donne, si ritrovano ad affrontare situazioni difficili, la favola mette in scena un’ambientazione del tutto diversa. La favola è infatti un genere giocoso che, spesso, per protagonisti ha gli animali alle prese con situazioni talvolta paradossali. In forma scherzosa e ironica vuole trasmettere insegnamenti e ammonimenti utili alla società. La morale è dunque il vero elemento caratterizzante di una favola).  Esercizi di volo mi sembra possegga caratteristiche che appartengono a entrambi i generi

Follia splendida e desiderabile comunque, però sempre costretta a misurarsi con una più problematica e difficile realtà. Il romanzo di Roberto gioca proprio su quest’alternanza, questo continuo confronto, questo anelare al perfetto e gioioso stato della follia, che sembra assicurare ogni felicità a chi lo abbraccia, e l’autore lo fa fino al raggiungimento dei suoi limiti estremi. L’ossessionato protagonista, sul lettino dell’analista, per vincere le sue paure, dà il via al suo mondo interiore con una terapeutica scrittura e le pagine che di volta in volta presenta alla terapeuta, formano la vera storia di questo libro, il suo cuore centrale e pulsante: un altro libro nel libro.

Ci ritroviamo così tra le  montagne di Bolzano in procinto di celebrare la grande festa della Follia, con  riferimento alle reali feste che intorno a Ferragosto si svolgono in questa zona, tra il Castello e la Stazione di Salorno. Oltre al luogo geografico, descritto con gli occhi appassionati di chi bene conosce e ama la montagna e , forse, questi luoghi in particolare, di attinente al reale c’è però ben poco di altro nel libro.

Tra i personaggi che  si alternano e si accavallano tra le pagine, risaltano figure ispirate  a uomini e donne famosi, alcune ben conosciute dall’autore, come la sorella di Napoleone, Luisa Baciocchi, principessa all’inizio dell’800 e ancora ricordata con simpatia a Lucca,  suo piccolo e grato regno. Si fa allusione a grandi pensatori, a cominciare da Erasmo da Rotterdam e al suo Elogio della follia, saggio dedicato all’amico Tommaso Moro, nato con intenzioni di divertissement ma lucido nel colpire i costumi dell’epoca, inaspettatamente accolto con grande favore dal pubblico (significativo per misurare il termometro della società…). Non manca l’accenno ai poeti come Dino Campana, a letterati illustri come Rabelais, Cervantes, Ariosto, autori di creature e opere indimenticabili, più vere della realtà stessa nel loro fantastico, folle territorio, e naturalmente non mancano musicisti e artisti. Tutti quanti legati in qualche modo al filo di una follia che potremmo definire “creativa” , capace di ispirare e produrre grandi capolavori.

Visto che siamo entrati nel pieno dell’argomento e visto anche che questa tematica scuote non poco le sensibili corde dell’autore, vorrei accennare, ma mi piacerebbe tornarci sopra in seguito, al grande dilemma che esiste intorno alla definizione di parole  come “normalità”, “genialità”, “follia” e ai labili confini che le separano, se le separano. Penso a  quanti autori e artisti hanno dovuto subire in passato, e subiscono anche oggi, l’incomprensione di una società incapace di concepire le loro stranezze, spesso assai meno folli di tanti giudizi e provvedimenti arrogantemente sanciti e presi poi nei loro confronti. Nel libro di Roberto, dietro la scherzosa riesumazione di questi nomi, si intuisce il profondo rispetto, ma anche l’affetto e la comprensione nei loro confronti, quasi avesse cercato  un pretesto per aver di nuovo l’occasione di sottoporli al nostro giudizio, di farci comprendere con più attenzione l’enigma della loro natura.

Altri personaggi, invece, prendono inaspettatamente vita dal mondo animale e da quello inanimato, ma, proprio come accade nelle migliori fiabe-favole, interagiscono con grande naturalezza con quelli umani. Tutti quanti tesi all’unico obiettivo di celebrare al meglio la prevista Festa della Follia.

Introduce questo contesto – il già accennato libro nel libro –  il personaggio principale, nei panni di un simpatico e tormentato alter ego di Roberto, fragile essere sdraiato su un lettino, assegnato, forse sarebbe meglio dire rassegnato, alle cure di una psicanalista più fragile di lui. Verrà avviato alla terapeutica e inattesa scoperta della scrittura, fantastico volo della mente e salutare alternativa  al suo più pericoloso impulso di volare gettandosi nel vuoto. Utile alla guarigione? Meglio fermarsi qui senza scendere in dettagli che rischiano di svelare la trama del romanzo e togliere il piacere della sorpresa nella lettura, ma anche per non condizionare troppo, con un’ottica strettamente personale, il coinvolgimento emotivo che comporta.

Lascio così il nostro “Icaro” alle prese con il terribile sole della nostra società, intorpidita da un’inflazione  di paure, soffocate da farmaci e ansiolitici, dispersa in un proliferare di falsi profeti (argutamente si sottolinea anche il recente moltiplicarsi delle scuole di scrittura…) , spesso arresa a una sensazione di impotenza, dove diventa arduo riconoscere le voci autentiche e, ancora più importante, riuscire ad accettare gli altri e se stessi, follie incluse.

Il tocco fiabesco, visionario e la leggerezza di cui ogni pagina è intrisa, disegnano non soltanto un romanzo ricreativo e divertente, ma suggeriscono riflessioni profonde, invitano al ripensamento di tanti superficiali atteggiamenti e suscitano nel lettore domande inquietanti.

Chissà, forse il protagonista del libro, sempre alle prese con i suoi “esercizi di volo”, concluderebbe questa mia lettura  con un’osservazione per lui del tutto ovvia: “Beati i gabbiani che sanno volare così bene…”