Una riflessione critica di Teresa Paladin sull’inizio della Commedia di Dante

L’incipit della Divina Commedia è universalmente noto:

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.

Si narra  l’inizio di un viaggio straordinario che Dante immagina nei tre regni dell’Aldilà, un viaggio che lo porterà a contatto con personaggi famosi e conosciuti da tutto il Medioevo,  da imperatori  a papi, da intellettuali a borghesi. Ma quello che immediatamente colpisce  è che Dante comincia questo percorso grazie al suo essersi smarrito. Non è un viaggio preordinato da lui, né il premio dato a un uomo meritevole: in realtà la sua volontà lo aveva portato, con azioni evidentemente poco edificanti, all’interno di una selva oscura, immagine di persistenti errori, peccati e cedimenti da lui compiuti. Così la selva in cui si aggira  gli genera soltanto paura. La sua asprezza e durezza è allegoria  della prigionia morale, della schiavitù della  volontà e dell’intelletto   in cui era caduto e che lo imprigionavano in azioni non edificanti. Non riusciva più a vedere e comprendere quale fosse il suo bene e quindi operava all’opposto. La selva è simbolicamente associata da Dante a un’esperienza di morte, ma alla fine da questa situazione il poeta, grazie all’incontro con Virgilio e all’intercessione provvidenziale di Beatrice, riuscirà a liberarsi e a trovare il cammino del bene e di una libertà positivamente dispiegata.

La  visione e scoperta  di un mondo soprannaturale del quale si era totalmente dimenticato progressivamente gli permette infatti una purificazione dell’animo. Dante non solo accetta di farsi aiutare e di compiere questo viaggio nell’Oltretomba ma anche  di descrivere ciò che ha visto per condividerlo con gli altri. L’immaginazione dantesca è straordinaria  ma sempre legata a un forte realismo, perché narra di cupidigie, passioni insane, sopraffazioni, errori, azioni disinteressate, generose  e nobili:  indica così che virtù e vizi degli uomini hanno inderogabilmente  un esito positivo o negativo sui singoli e sulla comunità.

L’umanità narrata nella Divina Commedia presenta tratti di assoluta modernità e indica l’idea dantesca che chi è disposto a interrogarsi e mettersi in gioco in un processo di rinnovamento morale, psicologico e sociale può sempre sperare in un cambiamento.

 

da Teresa Paladin, 7 incipit della letteratura mondiale  (testo disponibile online)