Giancarlo Baroni, I nomi delle cose, Puntoacapo, Pasturana (AL) 2020

Raccolta di poesie di Giancarlo Baroni. Con una nota di Ivan Fedeli.
Recensione di Annalisa Macchia
Fin dal titolo di questa nuova, poliedrica raccolta di Giancarlo Baroni, si percepisce un’atmosfera vagamente montaliana. Di Montale riaffiora il disperato, cosmico “male di vivere”,

da lui proiettato nel tangibile mondo circostante, nelle cose che lo circondavano, rendendogli possibile costeggiare, se non superare, quel muro irto di “cocci di bottiglia” affiancato al suo vivere.

Nella poesia di Giancarlo Baroni ritrovo in parte queste sensazioni, lo smarrimento per non riuscire a cogliere il senso ultimo dell’esistenza ma, allo stesso tempo, la sua accettazione,

l’impegno nell’affrontarla. Vi ritrovo anche quell’ombra di guerra (e di morte) che, mutando epoca e qualche coordinata geografica, non ha mai smesso di abbandonare l’umanità, facendo

occhieggiare frequentemente in poesia le fragilità dell’uomo, le sue assurdità, il mistero della vita e della morte. Morte e mistero ci riconducono a un concetto di infinito tradotto in una visione

pessimistica della condizione umana, tuttavia, per il nostro autore, non priva di speranza: «Ti seppelliamo con un seme tra le mani / spunta dal suolo germoglia cresce / ti fa ombra d’estate // le

foglie ti coprono in autunno / lo battezziamo col tuo nome / gli parliamo». Seppure immersi nel funereo clima di una sepoltura, si coglie in questi versi un’estrema dolcezza e una serena

concezione del ciclo vitale.

Tratto distintivo di questa poetica è l’ironia, lo spirito arguto, utile per contrastare la negatività del “male di vivere”, ma anche strumento ideale per connotare la raccolta di gradevole e

armoniosa originalità. I testi poetici sono raggruppati in otto singolari sezioni, ognuna delle quali risponde a una precisa struttura e a ben differenziate tematiche: La polvere di cavalieri amici, Un

seme tra le mani, La partenza del padre, Le arpie dei pesci, Siete voi che amiamo, Solo chi rasserena amo, L’amore ha la stessa verità e Le trappole di Rauschemberg.

Lo stile pulito, conciso, talvolta quasi epigrammatico, rifugge ogni sdolcinatura lirica, preferendo un linguaggio diretto ed essenziale, più idoneo alle leggi comunicative della nostra

epoca, ma non dimentica la gloriosa tradizione poetica che ci ha preceduti. Da segnalare alcune pagine del libro arricchite da felici e moderne interpretazioni in versi incisivamente ritmati da

metrica e rima: «Guardalo Orlando perdersi stupito / fra questi campi offesi dalla guerra. // In amore da Angelica ferito / più nessuno sopporta sulla terra.» (Orlando, sezione: L’amore ha la stessa

verità).

Paesaggi e personaggi si muovono, come sottolinea Ivan Fedeli nel risvolto di copertina, “in una sorta di situazione metafisica dove resistere con mandel’stamniano rigore”. Ma aiutano a

resistere, e non poco, anche i frequenti, ironici tocchi che gettano colpi di luce su questi testi. Mentre di pagina in pagina affiorano arguzie, emozioni, sentimenti, sofferenze, dubbi,

amori, delusioni, impennate culturali, omaggi alla bellezza, alla natura, all’Arte… tutte le cose a cui l’autore ha dato nome nel corso della sua opera e in cui si è identificato, si avverte sempre più

chiaro l’invito a guardare il mondo con uno sguardo nuovo, magari con quella calviniana leggerezza che, magnificando la bellezza del volo, non rifiuta la profondità del sentire