Angelo Australi, Romano Bilenchi (un ricordo in forma di racconto), Associazione Amici di Romano Bilenchi 2019, pp. 96 (con un disegno di Venturino Venturi)

Lo scrittore di racconti di Figline Valdarno, Angelo Australi, ricorda il maestro e amico di Firenze, Romano Bilenchi, affettuosamente, con una narrazione fluida e coinvolgente. Un libretto che ci fa entrare nella storia letteraria fiorentina degli ultimi decenni del Novecento e ci fa conoscere da vicino un personaggio importante come Bilenchi. Un modo anche per seguire la formazione come persona e come scrittore dello stesso Australi.
Sono diciotto capitoli. Ecco l’inizio del secondo.
“Sono stato così attratto da Amici e il processo di Mary Dugan che li ho letti nuovamente l’anno successivo, e alcuni giorni prima di andare a casa di Romano Bilenchi, a marzo del 1984. Nel frattempo ero riuscito a leggere anche Il gelo, tutto d’un fiato.”
Ecco una parte di una recensione di Francesco Guerrieri pubblicata su La Nazione di Firenze ad aprile 2020.
I RACCONTI SU BILENCHI, di ANGELO AUSTRALI
 ( nel Trentennale della morte )
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Che Bilenchi, nella sua dimora di via Brunetto Latini, ricevesse tanti amici, artisti e scrittori, dai suoi coetanei ai più giovani è cosa nota: da Macrì a Giorgio van Straten, a Beppe Nicoletti e, appunto, ad Angelo Australi. E proprio quest’ultimo, animatore del gruppo di Figline Valdarno, Semmelweiss, è l’autore del volume “Romano Bilenchi, un ricordo in forma di racconto”: 94 pagine che in diciotto pièces de résistance, riassumono il suo umanissimo e confidente rapporto con lo scrittore di Colle Val d’Elsa. Si tratta di racconti brevi che costituiscono un itinerario privilegiato di “educazione alla scrittura” con cui l’Australi si è formato, proprio in ragione dei consigli di lettura e di scrittura che, iniziati nel marzo del 1984 (la prima visita a casa Bilenchi) si concluderanno con dolore, alla morte del maestro, nel novembre del 1989.
Nel volume c’è un epistolario importante, dove il leale duro giudizio bilenchiano si esprime senza sfumature. C’è il progressivo ripercorrimento delle opere, da Il Conservatorio di Santa Teresa ad Amici e oltre; ma c’è, soprattutto, un narrare fresco e diretto, in cui si respira una più genuina aria del Valdarno, finalmente non manierata e non asservita ai contratti editoriali.
Davvero bella la descrizione del primo incontro e di quel salotto dove Bilenchi riceveva – chi non lo ricorda? – con i quadri di Rosai e i disegni di Maccari, ma soprattutto con la presenza dei tanti farmaci che gli allungavano la vita da quella polineuropatia diabetica che aveva colpito anche i piedi, costringendolo quasi fisso a sedere.
<<Romano stava giocando a carte con la donna di servizio, era seduto in una poltrona verde, con dietro una libreria a parete che incorniciava le due ampie porte finestra che si affacciavano sul terrazzo. Davanti a lui altre due poltrone dello stesso stile, e un tavolino con diverse confezioni di medicinali. Lasciò andare la partita a carte e chiese alla donna di servizio di farci un caffè. Ne avevo già preso uno ma non rifiutai l’offerta. Nella stanza c’erano molti quadri appesi nel poco spazio non occupato dalle libreria, riconobbi alcuni dipinti di Rosai e dei disegni satirici di Maccari. La cappa di fumo delle sigarette regnava a un metro da terra, accentuata dalla luce che entrava da una delle porte finestra con l’avvolgibile tutto alzato. Lo spiraglio alla porta non era sufficiente al ricambio d’aria. La televisione era accesa, ma nessuno la stava guardando, e il telecomando rimaneva sul tavolino, a portata di Romano. Da un piccolo mobile, sorretta da un piedistallo, ci guardava una scultura di Venturino fatta con quel suo tipico misto di materiali impastati con il cemento e somiglianti alla pietra serena, era una bella faccia circolare, nella quale i lineamenti del volto venivano abbozzati con una semplice espressività arcaica, religiosa, ricca di una magia evocativa che faceva pensare alle rocce levigate con lo scorrere dell’acqua al torrente del suo paese, così ben impresse nella mia mente>>. Come si vede, una descrizione fedele, fotografica, di quel salotto, così anonimo (come quel condominio in quella strada), eppure così inconfondibile.
La frequentazione di Bilenchi cresce simmetrica alla passione dell’Autore per la lettura e la scrittura, così è dato scoprire passaggi autobiografici quasi commoventi: <<… facevo il turno di pomeriggio. Intanto avevo letto la Cronica di Dino Compagni (suggeritagli da Bilenchi, NdR), che mi ero procurato nell’edizione NUE, ordinandola all’agente Einaudi. Romano aveva ragione, la letteratura italiana partiva con questo libro…>>.
Ricordando altre visite da Bilenchi: <<Molto spesso, dopo un’oretta che stavamo parlando, arrivavano altre persone che venivano a trovarlo, con alcuni della mia generazione ho stretto un’amicizia che dura tutt’oggi. Con Giorgio van Straten, Fabrizio Bagatti, Claudio Piersanti non è che ci sentiamo spesso, ma quando accade sembra il dialogo non sia mai stato interrotto. Questo credo sia l’amicizia>>.