Michele Brancale, L’apocrifo nel baule, Passigli 2019

 

 

Nuova raccolta poetica di Michele Brancale, giornalista fiorentino, di origini lucane.

Una nota critica di Giuseppe Baldassarre:

Per  essere umani ancora: nota di lettura su L’apocrifo nel baule  di Michele Brancale (Passigli 2019)

Il tesoro  che il ragazzo  Michele ha trovato in un baule nel magazzino di casa è un libro, in più copie, segnate dall’umidità  dell’ambiente. Un  quasi  ‘peccato  di gioventù’,  secondo  la presa di distanza del padre che ne era  stato l’autore.  Un  oggetto prezioso da portare con sé nella vita,  per il figlio che l’ha trovato.

Una lettura poi in età più consapevole diventa una ‘riscrittura’, una partecipazione emotiva intensa, un immedesimarsi  del figlio nelle vicende vissute dal padre, in piena empatia.

L’apocrifo nel  baule è quindi un talismano affettivo che il poeta Michele Brancale porta con sé e a cui dà di nuovo voce.

Il libro qui presente, pubblicato con Passigli, parte da quell’apocrifo  (un po’ nascosto, letteralmente, un po’ non riconosciuto, dal padre – autore) e diventa un album, di foto, di scene, di ricordi. Sempre carichi di emozioni. Un album di  famiglia: ai miei genitori è la dedica posta all’inizio; alla voce della nonna è dedicato l’ultimo componimento, La fine della favola.

Indubbiamente delle otte  sezioni di cui si compone il libro, la prima, Guerra e pace, relativa all’apocrifo  ritrovato, è la più coesa, intensa, carica di vita e riflessioni sulla vita. L’esperienza bellica sul mare da parte del padre protagonista  è fortemente incisa con segni e colori decisi: con le onde  minacciose della storia che prevarica i confini della vita del singolo e sconvolge con  violenza. Se ne esce da quella storia tragica, ma resta il turbamento profondo, e le parole della poesia, si capisce, cercano almeno di lenire, se non di dare senso alle vicende subite. La poesia è qui realistica, di quel realismo emergente che hanno  i quadri ex voto di un santuario di  Madonna di un paese marino, donati da scampati a naufràgi in mare, a bombardamenti, che non danno requie anche dopo  molti anni. Riconsegnati alla vita inizia ‘la battaglia vera di essere umani’.

Ci sono  poi nell’album altri momenti della vita del poeta e in particolar modo i ricordi  relativi ai luoghi degli avi, frequentati nell’infanzia e poi periodicamente nei ritorni nel paese, in Basilicata. Qui sono i nomi quasi mitologici dei luoghi che agiscono da motore delle parole: Spadarea e Sant’Orsoleo, con la fiera, il sentiero fangoso, l’atmosfera trasognata di tempi e avvenimenti rivissuti nel ricordo: ‘queste case raccontano qualcosa / che almeno ora sembra non accadere / più’.

L’album è arricchito da altre occasioni e riflessioni del vivere quotidiano, con ritratti piacevoli di personaggi, squarci di situazioni particolari.

Michele Brancale è esperto della  scrittura come strumento di comunicazione, è autore di altri testi in poesia e in prosa. In questo Apocrifo nel baule  la tecnica poetica  si presta docilmente a delineare ritratti agili, situazioni, riflessioni, con la leggerezza e la misura del canto. L’endecasillabo è usato con abilità, senza mai essere formale e letterario: adatto a tutte le situazioni, suddiviso tra due o più emistichi, quando occorre.

Ne risulta una misurata cantabilità narrativa, simile, direi, a quella della nonna, che raccontava le favole e creava un mondo fantastico per il bambino. Anche se ormai il tempo che passa porta alla fine della favola, continua la necessità dell’incanto della parola poetica. Come dimostra questo apocrifo – album, così ricco di cose piene di vita, così coinvolgente, lontano e vicino.