Presso la Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti ‘Casa di Dante’ a Firenze via Santa Margherita 1R  il 16 aprile 2019 alle ore 16.30 c’è stato il Dialogo di Pianeta Poesia con Angelo Australi e Francesco Luti, alla presenza di un numeroso pubblico, tra cui anche cittadini spagnoli giunti a Firenze insieme a Francesco Luti e fra questi un poeta che ha tradotto in spagnolo recentemente la Divina Commedia e l’editore fiorentino Nicomp.

                        

 

In apertura dell’incontro Franco Margari, presidente della Società delle Belle Arti e Circolo degli Artisti ‘Casa di Dante’, ha dato il benvenuto agli autori, ai relatori e al pubblico.

Poi Annalisa Macchia, condirettrice di Pianeta Poesia, ha presentato la figura di Angelo Australi a partire da un breve racconto La banda Frasseti, ripubblicato di recente per le edizioni del Circolo Semmelweiss di Figline Valdarno. Ha evidenziato le caratteristiche della sua scrittura sia per i contenuti che per lo stile, sottolineando l’attenta descrizione di luoghi e personaggi e la sospensione della conclusione che crea una vibrante situazione poetica. Angelo Australi ha letto l’incipit del racconto qui presentato.

Teresa Paladin, attiva animatrice di un gruppo di lettura di Sesto Fiorentino, ha presentato il romanzo di Francesco Luti La goccia che scava, edito a Firenze nel 2013, rilevandone l’interessante trama imperniata sulla guerra civile di Spagna e l’originale linguaggio espressivo. Del romanzo Francesco Luti ha letto un brano significativo.

E’iniziato quindi un dialogo molto intenso tra le due relatrici e i due autori, che ha mostrato il modo di lavorare e il significato della scrittura per ognuno di loro. E’ emersa un’alta concezione della letteratura come operazione necessaria alla scoperta di sé e della realtà e alla comunicazione di valori propri dell’essere uomo. Un dialogo che ha coinvolto pienamente il pubblico presente.

A conclusione dell’incontro Angelo Australi e Francesco Luti hanno letto un brano dalle loro opere.

Foto di Giancarlo Bianchi.

     

    

 

    

 

     

 

La presentazione di Annalisa Macchia a La banda Frasseti di Angelo Australi

Angelo Australi, ben conosciuto e apprezzato dal nostro Pianeta Poesia, autore che va ad arricchire una narrativa popolare e toscana collocabile nella seconda metà del Novecento, ambientata più o meno in epoca post-sessantottina, riporta oggi alla conoscenza del pubblico questo suo gustoso racconto, La banda Frasseti, recentemente ristampato in forma riveduta dal Circolo Letterario Semmelweis, già pubblicato da Gazebo nel 1985.

Per chi non conoscesse la narrativa di Angelo Australi, solo approssimativamente accennata, può essere utile sapere che con il territorio geografico cui è legata – identificabile nella valle superiore dell’Arno, indicativamente tra Firenze e Siena – ha un rapporto forte e complesso, impastato di tradizioni popolari e di attività locali tipiche, ma anche di atmosfere e colori che furono cari a Rosai, Tozzi, Cassola, Pratolini. I suoi paesaggi, che con tocchi misurati ed efficaci delineano la bellezza dolce e pungente di quest’angolo di Toscana, risultano sempre funzionali ai personaggi e all’azione del racconto.

Lo stile narrativo rispecchia dunque questa tradizione popolare toscana, arguta e secca nell’espressione, cruda e ironica, profondamente autentica, anche se ormai destinata a ulteriori e inevitabili trasformazioni culturali, ma conserva anche un forte debito nei confronti di certa narrativa americana on the roadIl giovane Holden, romanzo di formazione di Salinger, credo abbia molto influenzato Angelo e proprio a Salinger probabilmente si deve la scelta del nostro autore di iniziare a scrivere. Il taglio della sua scrittura breve e essenziale, sfrondato da tutto quanto impedisca all’azione di risaltare è una caratteristica indubbiamente  appresa dalla scuola americana. Il racconto breve è una forma assai più congeniale ad Angelo rispetto al romanzo o anche al racconto lungo. Gli permette di mettere meglio a fuoco i suoi personaggi, sempre scavati con perizia psicologica, non di rado colti nei loro momenti formativi come in questo racconto, e fa risaltare le loro avventure che non è sbagliato definire picaresche, seppure mosse in terra toscana. Franco Manescalchi, che ha tracciato un corposo saggio sulla sua scrittura, l’ha definito, tra l’altro, le petit Maȋtre del picarismo.

La banda Frasseti rappresenta una giornata di mercato nella piazza principale di Pelago. Il caos è totale, il fermento del mercato quasi tattilmente percebile. Nel calore allucinante di un giorno d’estate allegramente annunciatore di rosee prospettive per l’ambulante, si matureranno clamorosi fallimenti. Ma, forse, non per tutti… Avrà un seguito quella tensione verso una possibile fuga liberatoria, che aleggia nel giovane protagonista fin dall’inizio del racconto? Al lettore la risposta.

 

La presentazione di Teresa Paladin a La goccia che scava di Francesco Luti

Spagna e Italia, Barcellona e Firenze fanno da scenario alla vicenda del protagonista della Goccia, Felice Centori.

Due città  che però non sono soltanto scenari dell’azione ma in qualche modo contribuiscono alla narrazione perché sono entrambe luoghi di risposta alla sete di vita e libertà del protagonista, due città dove si gioca l’unica  partita che conti: quella dell’esistenza condotta non in solitaria ma con ottimi compagni di squadra, parafrasando il linguaggio calcistico.

Firenze e’  la citta’ che riverbera di cultura e splendore,  una città amata fisicamente per i suoi fiumi e i  ponti,  che “sono le giarrettiere della citta’…….passandovi sopra avvertiva sempre un senso di raccordo, di unione delle parti”.  Barcellona  si rivela città dinamica:  tra balconi fioriti, giovani artisti di strada  e il Paseo de Gracia lo conquista  a tal  punto che “vista cosi’, come poteva essere Barcellona la citta’ di una Spagna dittatoriale?”.

 La storia inizia nel 1958 con un viaggio  da Firenze a Siena del protagonista. E’’ passato un anno dalla morte della madre e  l’incontro con  Mario Girasoli, volontario come il padre Giacomo nelle Brigate Internazionali della guerra di Spagna è fondamentale perché  Il professore è l’unico legame rimastogli con la memoria del padre. Da qui si dipana il primigenio  conduttore della storia: la ricerca delle radici, la riscoperta della memoria del padre, perso a 9 anni per amore della libertà.

Combattenti entrambi nel  Battaglione Garibaldi, Mario Girasoli e Giacomo Centori vennero  incorporati nella XII Brigata Internazionale che a Guadaljara combatté proprio contro gli italiani inviati da Mussolini. Emerge uno spaccato significativo  di umanità fraterna e consapevole, quando il professor Girasoli  narra dei fascisti delle truppe volontarie:

“Catturati i prigionieri, li interrogavamo dopo averli nutriti, e non ci voleva molto a comprendere la confusione regnante in quelle teste. La convinzione che la retorica fascista col suo fumo gli aveva fatto respirare scompariva di fronte alla realtà della guerra, alla morte toccata con mano, alle ferite, alla fame e alla sete”. Qui troviamo una caratteristica decisiva del testo: ci sono avversari sul piano delle idee e dei  valori, ma non ci sono nemici da abbattere nel romanzo, solo scelte di campo.

Tornato a Firenze, i ricordi del passato affollano la mente di Felice e si intrecciano alla narrazione. La trama dei ricordi è una caratteristica essenziale che perdura per tutto il romanzo: l’aspetto privato dell’esistenza si intreccia con i ricordi “di tutti”, Infatti i ricordi personali sono sempre collocati in un quadro più ampio storicamente e culturalmente.

La vita personale e familiare e la Firenze della cultura e dell’antifascismo, la storia contemporanea  procedono insieme narrativamente .

Troviamo così, solo per citare alcuni elementi, la madre  che  ospita in  casa sfollati ed ebrei e il ricordo del  cardinale Elia dalla Costa che sbarrò le finestre dell’arcivescovado mentre la città osannava Hitler.

Ancora: il giocatore Menti della Fiorentina, la strage di Superga del ’49,  la fucilazione di 5 uomini il 22 marzo 1944 alla torre di Maratona dello Stadio.

La collaborazione di Felice, studente universitario,   a “Il nuovo corriere”,   a cui collaboravano Calamandrei e La Pira, e le conversazioni con Bilenchi sui fatti del ’56 di Poznan e Budapest.

Col saluto di Bilenchi,Ah, Felice ,ricordati di stare sempre dalla parte della verità, come fece tuo padre”  inizia l’avventura spagnola, per l’incarico vinto ad insegnare in un istituto di cultura italiana. Qui  Felice conoscerà Josè Agustin Goytisolo,  il poeta che fu uno degli autori più importanti della generazione degli anni ‘50, più precisamente nella “scuola poetica di Barcellona”.

Il protagonista entrerà così a contatto con un numeroso gruppo di poeti ed editori, scoprendo,   in epoca di dittatura,   forme alternative di creazione del futuro, da parte di questi intellettuali  che leggono e traducono testi italiani e francesi e mantengono contatti con Gallimard ed Einaudi.

Emerge in questo contesto un tema centrale che attraversa tutto il romanzo :  la letteratura  non è confinata   a produzione privata o confronto letterario  ma è ritenuta capace di restituire spessore ai valori democratici  compromessi da un potere soffocante e dittatoriale.

Durante una cena abbiamo l’enunciazione della  “poetica ”   del protagonista e dei suoi amici: lo scrittore deve impegnarsi nel rapporto con la realtà.

Rifuggendo dall’isolamento  “la letteratura deve aiutare gli uomini a capire la vita,  a trasmettere verità morale, a scavare nella sofferenza umana”

Leggiamo qui  l’elogio di Pratolini perche’ nelle sue pagine il mondo viene letto e presentato, offrendo un quadro realistico della realta’  di tutti.

Si respira in queste pagine  la responsabilita’ della letteratura e una complessiva urgenza di rinascita culturale e civile.

Nell’estate del ’63 , Felice si reca  in vespa  alla piana di Guadalajara dove nel 1937 era morto il padre. Si approfondisce a questo punto  il tema della memoria, di una solida memoria storica che sappia affermare virtu’ quali l’onestà e la verità, la difesa della libertà e della giustizia.

E’ ’ interessante in questo senso l’arrivo al cimitero di Fuencarral.

Questo luogo  diventa il simbolo di come, in terra di dittatura, la memoria storica debba necessariamente essere distrutta: sulle lapidi di Fuencarral Felice non troverà  nessuna traccia di nomi  italiani. Un inserviente disponibile gli svelerà l’arcano:  per volere di Franco  prima era sparita la lapide dedicata alle Brigate Internazionali , dopo due anni si ordinò di gettare i resti inumati in una fosse comune, dopo altro tempo  vennero  mandate le guardie civili con le ruspe a scavare il terreno: senza nessun rispetto per i nemici di una guerra già vinta e finita, i corpi vennero ammassati, cosparsi di benzina e dati alle fiamme. Le ceneri disperse in un boschetto.

Uno stratagemma tipico delle ideologie dittatoriali: senza memoria storica si occulta la realta’ , si cancellano le tracce del passato e il presente viene raccontato attraverso  la manipolazione del linguaggio.

Si arriva così alla terza fase del romanzo col matrimonio tra felice e Ana,  la decisione di trasferirsi a Lisbona  e in autunno il viaggio di nozze a Firenze. Gli avvenimenti della notte tra il 3 e il 4 novembre 1966 concludono  gli eventi con la solidarietà operativa dei fiorentini  e una nuova  tragedia che si assomma al disastro collettivo, quando Remo,  l’amico fedele di una vita, viene trascinato via dall’ondata della piena nel tentativo di salvare un anziano. Il piccolo Giacomino, figlio di Remo,   sta purtroppo a 3 anni replicando la  stessa sorte del protagonista, rimanendo  orfano in tenera età.

I nuovi eventi  ripresentano nella loro totale drammaticità un tema già evidenziato nel corso del romanzo,  quello dell’Amore, sperimentato per le città amate, Firenze e Barcellona , e per le persone: Remo, Ana, gli amici fiorentini e gli intellettuali catalani, Laura e il piccolo Giacomino. Quell’amor che move il sole e le stelle  “chissà perché lo paragonò alla goccia che scava”.

Questo è un Amore che non è un sentimento  gridato o  esibito, calato sul filo della passione, è un amore radicato, legato all’anima, alle persone e ai luoghi che contano, a determinati valori,  un amore riservato ma costante.

E’ un bene che si collega al cuore e alla ragione, alla capacità di  comprendere il  senso delle cose, di riflettere sul proprio personale destino umano.

Da questo amore  emergerà la scelta della via futura da intraprendere per i due sposi tra i dubbi dell’ andare o del restare.

Lo stile di Luti è peculiare, il linguaggio è volutamente ricercato, con la presenza di vocaboli non usuali e di ambito  letterario,

Un equilibrio misurato e razionale determina in ogni caso la scelta delle parole, con l’originalità di uno stile nuovo per la frammistione di vocaboli spagnoli e  brevi frasi riportate direttamente in lingua originale, in una mescolanza linguistica  nuova  che cattura l’attenzione.

Un abile utilizzo della sinestesia a livello prosastico,  come quando “Felice pianse un sorriso” per Giacomino, si accompagna a un uso di  vocaboli applicati in   campi semantici inusuali: “Oltre la vetrata si muoveva l’arnia di tassì di una Barcellona affaccendata oppure “Con la Liguria a sceneggiare dal parabrezza e avanguardismi linguistici, come il “sole declinava marcendo purpureo oltre le finestre”.

Tutto a sottolineare uno stile personale intrigante ma  ricco contemporaneamente di profondità, che induce alla riflessione mentre aggiunge vivacità alle azioni narrate.

La narrazione diventa  decisamente  dialogica quando nelle conversazioni si affrontano tematiche   culturali, come quelle finalizzate a definire il ruolo della letteratura nella nostra epoca.

Le pagine sono avvincenti, non si registrano cadute di stile o di ritmo, Nonostante  I piani della narrazione siano multipli risultano ben articolati nel plot narrativo.   Sono  tre i  grandi temi di questo romanzo: l’attaccamento alla memoria storica  su cui è possibile fondare la libertà del presente nel ripudio  delle dittature, l’amore come collante  umano  che permette la capacità di scelta e orientamento nel cammino da intraprendere, la letteratura come passione , non  imprigionata nella sfera di abilità privata ma come passione  collettiva  per l’enunciazione di una poetica che, prima di tutto, acquisisce un valore morale.

Luti ci presenta in questo romanzo l’inquietudine degli intellettuali, pronti  a schierarsi contro ogni forma di manipolazione della parola, rigorosi  nel rispettare onestà e verità quali fondamenti della propria ricerca e azione.

L’impegno dello scrittore  come dovere e necessità verso la nostra società di oggi si fonda sulla certezza  che la letteratura non ha effetti immediati ma, nel tempo, ciò che semina raccoglie. Come pensa Felice: “la cultura non ha senso se non aiuta a capire gli altri e a evitare il male”.