Alfonso Figini-Paolo Dapporto, Lupo Alpha, Attucci editore

 

Una recensione  di Teresa Paladin

Edito nel giugno 2016 da Attucci Editrice, Lupo Alpha abbraccia un arco temporale che va dal febbraio 2000 all’inverno 2005, cui si aggiungono i capitoli Il processo, L’epilogo e le quattro postfazioni.

Un romanzo che cattura il lettore per i continui colpi di scena, fruibile da adulti ma anche ragazzi per la scorrevolezza del testo e lo stile coinvolgente del giallo d’azione che a volte, per la quantità di avventure e viaggi riportati, strizza l’occhio al romanzo d’avventura, senza esserlo perché i fatti si incardinano nell’esperienza personale di Alfonso Figini. Si tratta infatti di un testo che racconta un percorso di vita ed è stato scritto a quattro mani: Alfonso Figini ha collaborato col proprio professore di chimica, Paolo Dapporto, docente e scrittore di manuali universitari e testi letterari; l’incontro con l’editore Attucci ha permesso poi la stampa seguendo l’idea dello scrittore Gabriele Romagnoli in quarta di copertina, che “la letteratura è, anche, una forma di redenzione: trasforma i crimini in avventure da leggere con il fiato sospeso”.

Chi è il protagonista del romanzo? Un ragazzo di 21 anni di umili origini, che vive a Innsbruck e ha una grande passione per le moto. Il suo sogno è aprire una concessionaria di moto e accessori in luogo del negozio di riparazioni che ha avviato già a 18 anni. Danilo Gini partecipa settimanalmente a gare nazionali, le moto per lui non hanno segreti e lo rendono fascinoso: il puzzo di benzina che si portava addosso era un profumo che faceva girare la testa alle ragazze.

Tutto inizia un lunedì pomeriggio: la ragazza dei suoi sogni, Nicole, lo coinvolge in una proposta che nasce dal fratello di lei e da un suo amico. La proposta è molto chiara: “può bastare un colpo per cambiare la vita”…..

Perché lui? Lo hanno scelto perché hanno bisogno di una guida, una persona forte e di carattere, un lupo alpha insomma. Lui quest’idea prima la giudica folle, non gli piace, ma poi subentra l’opportunità di una rivincita nei confronti del padre (che non approva la sua passione), insieme alla possibilità di conquistare finalmente anche Nicole. Diventa il cervello della banda. Risate e spumante accompagnano il successo del primo colpo, ma i soldi finiscono presto e la storia continua. Perché Danilo dopo aver aperto il sognato negozio di moto non si ferma? C’è un gusto che lo accompagna, un sapore che lo rimanda agli anni passati, quando era ragazzetto: il sapore delle ciliegie acerbe perché venivano prese prima del contadino, un profumo intenso di vittoria Non a caso nel testo si legge che “mentre baciava Nicole dopo il colpo sentì lo stesso sapore di ciliegie acerbe”.

Dopo l’esaltazione arriverà il panico, la paura di essere scoperto, la fuga. In Sud America un incontro diventa cardine del futuro: viene coinvolto da un migrante italiano nel cui ristorante si ferma per caso a cena; segue l’invito a una festa “col botto” e l’offerta di collaborare nello smercio della cocaina dal Sud America all’Austria.

Il nuovo gioco funziona meglio del precedente e la sua vita cambia: ha tutto….. le donne, i soldi, il lusso, una vita da sogno!

In questo romanzo c’è una varietà di luoghi e un’alternanza di spostamenti da parte del protagonista perché la fuga è una dei motori dell’azione. Il vortice della danza è costante, i colpi di scena si presentano ad ogni angolo, le proposte di affari vengono ad espandersi, come in un sogno, innamoramento compreso. Abbiamo anche pagine divertenti: le riprese di una telenovela televisiva si svolgono direttamente a casa di Danilo ed esse presentano aspetti comici creando un’atmosfera di colori, vestiti sgargianti, battute pseudo-sentimentali: in questa fase l’atmosfera del racconto è glamour.

Nel racconto dal 2003 c’è una svolta narrativa: il fascino delle avventure, trasgressive ma intense, si interrompe e inizia la detenzione, e con essa dolore, paura, senso d’impotenza entrano nel testo. Lo stile scritturale si conforma al nuovo piano narrativo: si richiede ora una prosa più asciutta, spesso dettagliata, minuziosa. Del personaggio colpisce che un uomo così pronto ad incontrare e socializzare con gli altri ovunque vada, in carcere preferisca stare da solo, non facendo le cose che fanno quasi tutti gli altri detenuti. Scarcerato, verrà riacciuffato: si sentì un uomo finito quando varcò il cancello a Volterra, ma, paradossalmente, per una persona braccata l’inizio della carcerazione coincide con la fine dello stress della fuga costante. In carcere abbiamo la Spannung dell’intero romanzo e lo scenario diventa inquietante: i procedimenti penali da uno diventeranno due e le vicende giudiziarie si complicano non poco.

Il testo in questo punto unisce la minuzia dei fatti alla logica dell’argomentazione del protagonista, per altro molto stringente, volta a sgretolare qualsiasi movente in relazione al secondo capo d’accusa. E colpisce il lettore la difesa appassionata che l’imputato fa di sé.

Il romanzo è interessante e piacevole; gli aspetti del giallo d’azione presentano dialoghi ben calibrati, perfettamente inseriti nello svolgimento dei fatti. Lo stile si adatta al percorso anche psicologico del protagonista, dal gusto della vittoria iniziale al senso di impotenza e di smarrimento. Un percorso letterario che coincide con un percorso umano e civile, che Alfonso Figini non ha affidato alla sua penna ma è cristallizzato nelle quattro postfazioni di coloro che hanno assistito e accompagnato in questi anni l’imputato “lupo alpha” nel realizzare obiettivi ben più costruttivi che nel passato.

Un percorso di vita che contiene un messaggio significativo: Figini è uno dei primi studenti del Polo Universitario Penitenziario della Dogaia di Prato. Il primo in Italia a laurearsi in ingegneria meccanica svolgendo il proprio percorso scolastico completamente dentro il carcere. Una prova di volontà che ha richiesto costanza e impegno. Dopo la laurea esercita le sue nuove competenze presso il laboratorio Linea del PIN di Prato.

La sua determinazione e la sua laurea permettono di asserire che il significato della pena, che è quello di far riflettere il detenuto, si è in questo caso concretizzato positivamente; la cultura è il valore spartiacque che ha fatto la differenza tra il prima e il dopo del suo percorso umano. Realmente l’acquisizione culturale di nuove conoscenze è l’energia che può consentire a una persona, vivendo all’interno del sistema carcerario, di coltivare nuovi progetti di realizzazione personale e lavorativa.