Martedi 6 novembre ore 17.00 alla Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti – ‘Casa di Dante’  si è svolto il Dialogo di Pianeta Poesia con gli autori Simonetta Lazzerini Di Florio  e  Mario Sodi.

Ha introdotto la Presidente del Circolo degli Artisti Graziella Marchini, che ha salutato i presenti e i due autori, rivolgendo parole di apprezzamento per gli eventi letterari che Pianeta Poesia svolge da tempo all’interno del programma culturale della Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti – Casa di Dante.

Hanno condotto il dialogo con gli autori Annalisa Macchia e Giuseppe Baldassarre.

Annalisa Macchia ha presentato la poetessa Simonetta Lazzerini Di Florio, evidenziando tematiche e stile espressivo, in particolare riferimento all’ultimo volume pubblicato I passi e le soste. L’autrice ha letto testi dai suoi libri, in particolare dall’ultimo pubblicato, ed alcuni inediti.

Giuseppe Baldassarre ha presentato la personalità poetica di Mario Sodi, che si apprezza in vari volumi dallo stile curato, efficace e originale, a partire da Il chiostro delle rondini del 1987 fino a Talita Kum (2000) e Ho spento gli orologi (2008). Ha evidenziato la qualità  delle tematiche e del linguaggio comunicativo anche dell’ultima pubblicazione, il romanzo Lo zonista. L’autore ha letto suoi testi poetici ed ha parlato di aspetti autobiografici del romanzo.

Sollecitati dalle domande dei due conduttori gli autori hanno parlato della loro poetica e dell’importanza che ha per loro la poesia come mezzo espressivo di situazioni dell’anima, intuizioni, sentimenti. In particolare entrambi hanno nella spiritualità e nel sacro un campo fecondo e profondo di ispirazione. La poesia germina improvvisa, specialmente nei momenti di raccoglimento, specialmente negli spazi notturni, poi prende forma via via con il lavoro costante e appassionato.

Il pubblico ha partecipato intensamente, apprezzando le parole e le letture.

Tra il pubblico era presente anche Silvia Tozzi, la direttrice editoriale della Florence Art Edizioni, che ha pubblicato la maggior parte delle opere dei due autori. E’ intervenuta ed ha espresso vivo apprezzamento per entrambi. Dell’opera in prosa di Mario Sodi Lo zonista ha evidenziato con ammirazione la scrittura curatissima e la profondità dei temi affrontati.

 

                                                                                                      

 

In appendice proponiamo la presentazione di Annalisa Macchia al libro I passi e le soste di Simonetta Lazzerini di Florio:

Sono 13 le sezioni di questa ultima (la terza dopo Dalla barca lunata e Abitare il giardino), raccolta poetica di Simonetta Lazzerini, pubblicata nei quaderni di poesia dalla Florence Art Edizioni, proprio come il libro di narrativa di Mario Sodi, Lo zonista; primo e indiscutibile punto in comune odiernamente accertato per questi autori in attesa di dialogare con la loro poesia.  Potrebbe sembrare strano accostare poesia e narrativa, visto che  hanno modalità espressive diverse, ma i confini in questo senso sono davvero labili e in realtà è frequente vederle affiancate nella scrittura, alternativamente utilizzate anche dallo stesso autore.

I passi e le soste di Simonetta Lazzerini, appassionata scrittrice di poesia, si annuncia già dall’immagine di copertina che, se bene analizzata, perfettamente si accorda con il contenuto; è inoltre arricchito da una introduzione di Massimo Seriacopi e si conclude con una postfazione di Arrighetta Casini, critici che bene ne interpretano lo spirito, guida preziosa per i lettori.  Tuttavia il messaggio di Simonetta è chiaro e, direi, splendente. A iniziare dal titolo, così rappresentativo di un percorso umano. Due delle sezioni del libro lo riprendono ampliandone ogni sfumatura di significato:  I passi, ovvero «andare a ritroso / a ricercare le impronte / dei tanti che vissero con noi» e Le soste « Ad ombre campestri riposavo, / di celeste odorava l’aria». I passi inevitabilmente  più lenti con l’avanzare del tempo e più frequenti le soste, ma senza connotazioni tragiche, perché «Dell’esistere è misura l’invisibile forza dello spirito […] e si accendono le dimensioni della coscienza».

Massimo Seriacopi definisce questa raccolta “un vero e proprio dizionario dei sentimenti e delle riflessioni sull’esistenza umana”. Profondamente vero. Si avverte fin dall’inizio una componente emotiva e riflessiva molto forte, sullo sfondo di una tensione spirituale che inonda di speranza anche gli aspetti peggiori dell’esistenza.  Le liriche non concernono solamente esperienze private, ma si estendono anche al ricordo di persone con cui il legame è stato stretto, sorvolando con leggerezza sui fatti passati e presenti della vita, arrendendosi davanti all’ignoto, al mistero inspiegabile e affascinante dell’essere, dell’esistere.                          Lo studio della parola, che resta fondamentalmente legata a una concezione classica del linguaggio poetico, è molto accurato. Le immagini, vivide, piene di luce e di colori, irrorano tutte le liriche. I versi, resi musicali da appropriate scelte linguistiche, sono essenziali pur assecondando una naturale disposizione descrittiva, sempre esuberanti di passione e sentimenti. Note di malinconia  e di tristezza, inevitabili retaggi delle nostre esistenze, riecheggiano qua e là, ma non tolgono luminosità a quell’alone di luce che pervade tutte le pagine. La poesia di Simonetta viaggia sapiente sull’onda di un tempo sganciato dai suoi limiti, in un dialogo ininterrotto con una realtà superiore a quella umana, nell’intento di interpretarne il senso e farsene portavoce, accettando però con fede ciò che non si può spiegare, spinta alla scrittura da una forza incontenibile e percepita come salvifica.

Mi sembra utile, a questo proposito, sottolineare la conclusione che si legge nella postfazione: « Resta per l’autrice la poesia come dono e consolazione, difesa dall’ idea di morte […] Per lei scrivere poesia  è « lasciarsi andare / dal mondo che ci circonda / per l’universo dentro di noi / librarsi / al di sopra del tempo, / respirare il mistero / pur senza penetrarlo».

Giuseppe Baldassarre ha parlato di Mario Sodi seguendo una scaletta e in maniera dialogica. Riassumiamo le opinioni espresse. Ha ripercorso brevemente il percorso poetico dell’autore evidenziandone qualità espressive di alto livello, tra costruzione della situazione poetica e ricerca della parola e dell’immagine. Un lavoro costante nel tempo.

In particolare poi, soffermandosi su Lo zonista, lo ha definito una ‘recherche personale’ del tempo andato e anche ritrovato. Nelle vicende del protagonista (un evidente alter ego) l’autore cerca di rintracciare i fili del proprio percorso esistenziale, gli snodi determinanti dello sviluppo personale. L’importanza del tempo come tematica del romanzo è ben sottolineata dallo stesso autore fin dall’inizio: “Il tempo è quasi sempre il nostro padrone, ma noi non sappiamo di essere i suoi schiavi. …. Ha un’infinita pazienza e si ingegna di mostrarsi infinito, anche se non lo è: la maggior parte di noi ci crede, e il tempo si mangia le vita”. (p. 12)  E la conclusione ne conferma l’importanza, proprio quando c’è il momento della comprensione, quando si scopre il significato di tutto: ” Esci dal cerchio del tempo. ed entra nel cerchio dell’Amore: queste parole di Rumi le scrisse sull’agenda del giorno del suo ultimo compleanno “. (p. 284)

Lo zonista è un’opera di narrazione, di riflessione, di poesia: un’opera che avvince il lettore e lo ricompensa del tempo dedicato alla lettura, un’opera che merita più attenzione e un’occasione espressamente dedicata per farne un’analisi critica più meditata e approfondita.