Il 9 ottobre 2018 alle ore 17.00 si è tenuto al Circolo degli Artisti della Casa di Dante a Firenze il dialogo di Pianeta Poesia con i due giovani autori Daniele Barni e Sarah Stefanutti.

Dopo i saluti di Franco Margari   come rappresentante del Circolo degli Artisti, Annalisa Macchia ha presentato l’argomento della serata. Ha quindi fatto una presentazione del poeta Daniele Barni, soffermandosi su struttura, contenuto e stile dell’ultimo volume pubblicato: Piccola antologia di anonimi contemporanei.

Poi l’autore ha letto alcuni testi.

Giuseppe Baldassarre ha presentato Sarah Stefanutti, analizzando in particolare contenuti e stile di Confini, l’ultimo volume pubblicato.

L’autrice ha letto alcuni testi.

Il momento del dialogo è iniziato con l’invito ai due autori a commentare l’espressione di Tahar Ben Jelloun: “Solo la poesia e la cultura possono salvare il mondo”.

Si parla poi del proprio laboratorio poetico, di cosa sia poesia per sé e dei progetti da sviluppare. Su quest’ultimo punto Sarah Stefanutti ha comunicato che alcuni degli aspetti del suo libro (il mare, i confini, ma anche il corpo) chiedono di essere ulteriormente approfonditi; Daniele Barni ha detto che per il momento metterà da parte la poesia e si sta dedicando al racconto.

Sono intervenuti dal pubblico chiedendo chiarimenti o facendo considerazioni critiche Simonetta Lazzerini Di Florio, Mario Sodi e Evaristo Seghetta Andreoli.

 

La presentazione di Annalisa Macchia del libro di Daniele Barni

Questa raccolta poetica (la seconda, dopo Finestre del 2011) di Daniele Barni, insegnante e autore non privo di solidi elementi culturali e intelligente attenzione al mondo poetico e artistico in cui siamo immersi, oserei dire “sballottati” per il gran numero di stimoli che ci vengono quotidianamente offerti, soprattutto di carattere mediatico-tecnologico, di cui l’autore è perfettamente cosciente (Selva tecnologica, pag.135), manifesta una scrittura capace di dire, densa di carattere e autenticità. Serpeggia innegabilmente tra le pagine una parola poetica che conquista, commuove, fa riflettere. Daniele si rivela con pudore, con sentimenti in cui è facile riconoscersi, offrendoci la sua esperienza umana con estrema sincerità, senza presunzioni né certezze, spinto dal desiderio di intavolare un dialogo con il lettore, di condividere gioie, pene, ironie, orrori, timori, riflessioni. Ci indica con umiltà e inevitabile smarrimento quell’oltre irraggiungibile e misterioso che spesso spunta al suo orizzonte.                                                                                                                                                                             Avvicinando questa lettura  ho scoperto con sorpresa la moderna freschezza della sua espressione poetica e apprezzato la non comune agilità linguistica nel manifestarsi, con adeguato registro, dietro i dieci anonimi che costituiscono le dieci, assai diverse per stile tra loro, sezioni della raccolta: quasi dieci diversi alter ego ammiccanti al grande fantasma di Pessoa.                                                                 È una poesia capace di raccontare storie e insieme di dipingerne gli scenari, con esito un po’ surreale, seppure ispirata da situazioni che si indovinano reali e concrete, ma in cui personali esperienze assumono carattere universale. È una poesia originale, coraggiosa, tesa alla continua ricerca di nuovi stilemi, anche se di impianto tradizionale (sono molti, tra i versi, i perfetti endecasillabi, i riferimenti classici, come quello a Dante pag.49, a Leopardi nella pagina successiva e oltre…). Daniele non ha paura di giocare spudoratamente con le rime e i giochi di parola (Dora, pag.18), o con la struttura del verso e la scelta, anche cruda, dei termini; sembra divertirsi nel ricorrere al brusco cambiamento di registro linguistico da un “anonimo” all’altro, strategia peraltro indispensabile per rendere efficace la comunicazione e, nel muoversi, non perde mai la sua eleganza. Si tratta di un discorso poetico complesso e articolato, la cui leggerezza di espressione nasconde una grande e sapiente cura nell’elaborazione dei testi.  Per molti aspetti si potrebbe definire di carattere civile, perché frequentemente acceso da testi ironici o ferocemente satirici, oppure sgomenti nel ripercorrere alcune terribili pagine della nostra storia. Appare sempre, comunque, profondamente e delicatamente ricco di sentimento, mai ripiegato su se stesso, apertamente rivolto alla ricerca di Senso e Verità, intento a comprendere le segrete radici dell’esistenza: «Quando apro le persiane / al mattino / scopro il sole. / Se colgo un fiore / comprendo la sua radice. / Ogni volta che in casa  / apro un cassetto, / rinvengo un segreto. //  Ma la vita non ha radice, è solo un segreto / in cui non cade mai il sole».  (La vita, pag.109).