Mario Sodi, Lo zonista. Il dovere e l’amore al tempo dell’Olivetti, Florence Art Edizioni, Firenze 2017

Mario Sodi è nato a Siena e vive a Scandicci (Firenze). E’ autore di otto volumi di poesia e di una raccolta di racconti. Ora pubblica un romanzo. Due i temi principali: la storia italiana recente (quella del boom economico di cui la Olivetti diventa uno dei simboli positivi più emblematici) e soprattutto lo sviluppo sentimentale del protagonista, che per la Olivetti lavora. Una storia narrata con scrittura aderente ed elegante, una vicenda intrecciata di situazioni avvincenti e riflessioni piene di profonde verità.

 

“C’era una volta un ragazzo di belle speranze ma di pochi quattrini, che fu scelto dalla sorte per fare lo “Zonista”, cioè il venditore della Olivetti. Una fortuna, pensò. Bastava vendere – quello era il problema – anche se le macchine erano le migliori, fin dalla più piccola, bella e cara: 42000 lire, più del suo stipendio, la mitica ‘Lettera 22’. ”

Una recensione di Umberto Sereni
L’interiorità tormentata di un venditore

Mario Sodi racconta luci e ombre di Federico, venditore porta a porta di macchine da scrivere, in gergo “zonista”. Fin dal sottotitolo capiamo quanto l’o¬pera sia attraversata da un profondo dissidio interiore, reso per mezzo di continue antinomie: il dovere e l’amore, queste forze in suprema opposizione, rivelano al loro interno ulteriori spaccature. Infatti, qua¬le imperativo esistenziale dovrebbe seguire il protagonista? Quello of-fertogli da un lavoro grigio o quello di una vocazione artistica che scalpita per essere assecondata? E quale donna deve tenere al suo fianco? Senza anticipare eccessivamente, diciamo solo che Federico si trova scisso tra la stabilità di un amore senza brivido e il brivido di amori senza stabilità. Anche se – va detto – questi ultimi lasciano intravedere la possibilità di accedere alla felicità totale, non solo alla gioia effimera dell’evasione. Ma la ricerca di una totale comunione dell’anima non è sempre pura: al contrario, il protagonista ha un carattere tormentato che lo porta a compiere atti persino spregevoli, seppur in contesti esilaranti, come il lettore avrà modo di scoprire. In tal senso, Lo Zonista ha il pregio di coniugare il racconto di un’interiorità dolente alla vis comica boccaccesca, il dilemma morale alla facezia, la meschinità di un mondo burocratizzato alla ricerca dell’assoluto artistico. Un assoluto che Federico non cerca unicamente in una dimensione svincolata dalla realtà, autosufficiente nella sua dimensione creativa. Si tratta, invece, di un desiderio di proscioglimento, di liberazione dai vincoli del vivere sociale. Un assoluto che potremmo dunque leggere nell’accezione di Fiegei, là dove la coscienza risulta “assolta” quando ha percorso tutto il suo cammino per diventare spirito. Spirito nel quale anche il personaggio di Federico vorrebbe fluidificarsi, trovando così un senso che attraversi tutte le figure della sua vita, che rompa le rigidità di dovere e amore intente a cozzare le une contro le altre. Per questo la parte finale ha una forte tensione religiosa, perché vuole aprire il serrarne di quest’interiorità tormentata, risolverla: la ricerca dell’assoluto sconfina dunque nella ricerca dell’assoluzione, del giusto mezzo. Ma il modo in cui gli eventi trovano conclusione non andrà sotto questo segno, anzi, incorrerà nel disequilibrio e nella dismisura, in un dramma che lasciamo tutto alla curiosità del lettore, senza anticipare alcun dettaglio.