Sarah Stefanutti, Confini, Giuliano Ladolfi Editore, 2017

E’ uscita a dicembre 2017 la raccolta di liriche di Sarah Stefanutti., poetessa, ricercatrice in filosofia politica con una grande passione per la fotografia.
Nel 2010 ha esordito con la silloge Parole attraverso l’Europa (Albatros) ed è stata segnalata per merito al concorso internazionale di poesia “Jacques Prévert”. Nel 2017 è stata finalista al “Premio internazionale Mario Luzi” con la silloge ora pubblicata Confini, per la sezione di poesia nascente.
Attualmente collabora a vari progetti artistici, volti ad accostare linguaggio fotografico e poetico con una particolare attenzione ai temi di poesia civile.

 

 

Ai confini d’Europa
Sul mare
il vento
è una tromba
che fischia le ore.
Nella pesca d’altura
estraiamo donne e uomini
come anfore dall’acqua.
E affondano
i sogni
in cimiteri salmastri,
ai confini d’Europa.
Mediterraneo,
che rigurgiti i tuoi figli
senza nome,
con la terra
loro
cucita addosso
in sacchetti di plastica.
A primavera
ti tingi ancora,
di vergogna.

 

La silloge si divide in tre sezioni: I viandanti del mare, Sospensioni e Il corpo. Nella prima parte l’autrice utilizza il suo profondo legame di appartenenza al Mediterraneo per esplorare problematiche attuali, quali la crisi dei migranti, con i muri reali e immaginari che ci costruiamo intorno, escludendo “l’altro-da-sé”. Il mare, tuttavia, oltre che confine e muraglia possiede una forte valenza simbolica per l’autrice, la cui poetica si nutre delle sue immagini per esprimere una più ampia concezione filosofica. Alla seconda e la terza sezione sono dedicate, invece, tematiche più intimistiche, come il concetto di sospensione, parentesi di tempo (confine) in cui il flusso quotidiano della vita viene bloccato e in cui è possibile la creazione artistica, come anche la sperimentazione del faticoso percorso di sofferenza, di consapevolezza e di guarigione che attraversa il corpo di una giovane donna. Viaggio extra e viaggio intra, dunque, non solo come testimonianza della complessità della persona, ma anche come traccia di una ricerca che, nella consapevolezza della problematicità, non intende trascurare alcun elemento di comprensione del reale. La Stefanutti, infatti, nel viaggio traduce il simbolo dell’irresistibile necessità di ritrovare la vita nella sua forma pura e non a caso inizia con il tema, sia pur tragico, del mare che nella sua immensità ci ricorda il nostro vero orizzonte, nella cui visione fulgida e senza cesure riconosciamo la nostra geografia un’esperienza di tempo dilatata che custodisce il sapore sperimentato dell’esistenza stessa.
(dall’Introduzione di Giuliano Ladolfi)